È morto Vincenzo Agostino, il papà dell’agente della polizia di stato Nino, ucciso da Cosa Nostra assieme alla moglie Ida Castelluccio, l’8 agosto 1989. Vincenzo Agostino, nato il 22 marzo 1937, era il papà coraggio, che non si era mai rassegnato alla morte del figlio e della nuora – incinta di qualche mese – e aveva da subito denunciato i tentativi di depistaggio legati al duplice omicidio.
Aveva una lunga barba bianca che – aveva detto – “non avrebbe più tagliato” fino a quando non sarebbe emersa la verità sui mandanti del duplice omicidio, sui silenzi e soprattutto sui depistaggi alle indagini. Vincenzo ha continuato a combattere per il figlio anche dopo la morte di sua moglie, Augusta Schiera, avvenuta a febbraio 2019.
Nino Agostino era un agente in servizio al commissariato San Lorenzo di Palermo che avrebbe fatto parte, inoltre, di un gruppo che collaborava con i Servizi segreti per la cattura dei latitanti mafiosi. Questa sarebbe stata la causa della sua morte decisa da Cosa nostra. I molteplici depistaggi alle indagini, sono venuti alla luce anche grazie alla perseveranza di Vincenzo Agostino e di sua moglie Augusta Schiera. Un momento, importante, in questa lunga e faticosa battaglia di verità, fu il 26 febbraio 2016, quando nell’aula bunker del carcere Ucciardone ci fu un drammatico riconoscimento all’americana. Vincenzo riconobbe in “faccia da mostro” Giovanni Aiello, ex poliziotto e ritenuto killer che orbitava tra servizi e criminalità: “Io ho fatto il mio dovere. Ora – disse al termine di quella giornata – tocca alla magistratura. Ho riconosciuto faccia da mostro anche se era ben truccato. Erano in tre per il confronto ma l’ho riconosciuto subito. Come ho detto in tutti questi anni quella faccia è indimenticabile”. Vincenzo Agostino, infatti, aveva raccontato ai magistrati che qualche giorno prima del delitto in due erano venuti a cercare suo figlio nella casa di Carini, si qualificarono come colleghi e uno aveva un volto butterato, da mostro. “Indimenticabile”, appunto.
La scomparsa di Vincenzo Agostino, a 87 anni, non rappresenta la fine della battaglia intrapresa in nome di suo figlio, l’agente di polizia Nino, e della moglie di quest’ultimo, Ida Castelluccio, trucidati da Cosa nostra il 5 agosto 1989. Per questo delitto – per cui furono molteplici le piste investigative, di cui alcune totalmente depistanti – sono state accusate tre persone, tra le quali il boss di Resuttana Nino Madonia, il killer preferito da Totò Riina, che ha optato per il rito abbreviato e nel 2021 è stato condannato all’ergastolo, confermato anche in appello il 5 ottobre scorso. Anche quel giorno Vincenzo – accompagnato dalle figlie, dai nipoti e dalla sua inseparabile scorta ma senza più la moglie Augusta Schiera, scomparsa nel 2019 – si presentò al palazzo di giustizia di Palermo. La sua barba bianca, che aveva deciso di non tagliare finchè non fosse stata fatta giustizia per il proprio figlio, il passo lento ma deciso agevolato da un bastone, dopo la sentenza Vincenzo Agostino fu netto, come sempre: “Sono soddisfatto perché hanno condannato il macellaio di mio figlio e di mia nuora. Soddisfatto anche per mia moglie, desideravo tanto che ci fosse anche lei accanto a me. Ora toglierò la scritta sulla sua lapide ‘morta in attesa di verità e giustizia’. Si sta avvicinando il giorno in cui potrei tagliare la barba, perché si avvia a conclusione anche il procedimento ordinario, in caso di condanna posso dire che quel giorno posso mantenere la promessa che ho fatto sulla tomba di mio figlio”.
“Oggi – aveva scritto su Facebook il mese prima rivolgendosi alla moglie – avremmo festeggiato 64 anni di matrimonio. Ogni secondo senza di te è un’agonia, mi manchi infinitamente. Continuerò ad amarti, sempre tuo, Vincenzo”. Gli altri due imputati – sotto processo con il rito ordinario sono il boss dell’Arenella Gaetano Scotto, accusato del duplice omicidio aggravato, e Francesco Paolo Rizzuto, uno amico di Nino Agostino, accusato di favoreggiamento. Anche in questo procedimento Vincenzo – costituitosi parte civile, assistito dall’avvocato Fabio Repici e con lui anche le figlie, i nipoti e i familiari di Ida Castelluccio, tra gli altri – ha sempre voluto essere presente, a ogni udienza, nonostante gli acciacchi dovuti all’età. Assisterà da altrove alla sentenza, essendo il processo alle battute finali: hanno già discusso le parti civili, il 3 maggio e il 21 sono in programma gli interventi dei difensori degli imputati e poi la Corte d’assise, presieduta da Sergio Gulotta, dovrebbe ritirarsi in camera di consiglio per la sentenza.
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