“Se il presidente russo, Vladimir Putin, si trovasse in Italia potrebbe essere arrestato su richiesta del ministro della Giustizia”.
A dirlo è l’avvocato Ezechia Paolo Reale, membro del Comitato scientifico regionale del Siracusa Institute e dell’associazione Internazionale di Diritto Penale (AIDP) che, nel 2010 in qualità di consulente legale della delegazione diplomatica italiana, ha partecipato alla Conferenza di revisione dello statuto della Corte penale internazionale, tenutasi a Kampala (Uganda).
Putin però “non potrà essere processato dalla Corte Penale internazionale per l’invasione all’Ucraina, ma per i bombardamenti sui civili sì”, spiega l’avvocato Ezechia Paolo Reale.
“Per il fatto di aver portato la guerra in Ucraina si può sicuramente parlare di crimine internazionale – spiega Reale – Solo che la corte non potrà perseguire il reato perché né la Russia né l’Ucraina fanno parte dello statuto”.
Diverso il discorso in merito ai bombardamenti su case, ospedali e sui civili: “In questo caso si parla di “crimini di guerra” e su questi la Corte può intervenire perchè il regolamento è diverso”.
Nel caso in cui la Corte non dovesse decidere di intervenire, può comunque farlo lo Stato: cioè il Governo russo come nel caso precedente.
Anche l’Italia, sulla carta, “avrebbe gli strumenti legislativi contro Putin in base agli articoli 7, 8 e 10 del codice penale che puniscono secondo la nostra normativa il cittadino o lo straniero che commetta reati in territorio estero, estendendo quindi la propria pretesa punitiva oltre i confini nazionali”.
Per farla breve, spiega Reale: “Putin potrebbe essere arrestato se si trovasse in territorio italiano”.
E di questo non bisogna stupirsi perché proprio il territorio aretuseo, dove c’è la sede della fondazione che si occupa dello studio, della ricerca e della formazione nel campo della giustizia penale internazionale e dei diritti umani, è stato un esempio di giustizia internazionale nel Natale del 1996. Quella notte un barcone carico di immigrati si ribaltò al largo della costa siracusana, ma in acque internazionali. Il fatto riguardava stranieri e il dramma accadde all’estero, ricorda Reale, ma comunque la Procura cominciò a indagare e si arrivò a condannare a 20 anni l’uomo che era alla guida del barcone.
“Se si fanno le cose per bene, in base agli strumenti legislativi che esistono – conclude Reale – nessuno rimane impunito”
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