La procura di Palermo li aveva accusati di aver messo in scena una falsa sparatoria, ma il Tribunale li ha assolti “perchè il fatto non sussiste”: sei anni dopo la loro incriminazione, e su richiesta della stessa procura. Si tratta di due poliziotti, l’ispettore Francesco Elia di 62 anni e l’assistente capo Alessandra Salamone di 55 anni, protagonisti di un conflitto a fuoco nel quartiere Zen 2 del capoluogo siciliano nel marzo 2015 e agli arresti domiciliari l’anno seguente. I due imputati sono stati difesi dagli avvocati Nino Zanghì, Alessandro Pergolizzi e Teresa Re. L’inchiesta aveva scosso il mondo giudiziario, perchè secondo i colleghi della Squadra Mobile di Palermo – che hanno condotto le indagini – Elia aveva inscenato la finta sparatoria per ottenere il riconoscimento di “vittima del dovere” e un “equo indennizzo” per “causa di servizio”, che in effetti fu richiesto pochi mesi dopo la sparatoria.
Nel corso della requisitoria il pm Giacomo Brandini aveva chiesto l’assoluzione per i reati principali (simulazione di reato, falso, procurato allarme e danneggiamento) e la condanna a 5 anni per calunnia nei confronti di un giovane rom, che per quella sparatoria fu arrestato e detenuto per un mese e mezzo. Nel corso del processo è emerso che nè Elia, nè Salamone avevano riconosciuto in lui l’autore dell’agguato allo Zen, e da quì l’assoluzione completa emessa dal Tribunale di Palermo.
Secondo le indagini della Squadra Mobile, coordinate dalla Procura di Palermo, i due poliziotti avevano esploso i colpi per fingere l’aggressione. A supporto sono state depositate delle riprese di videosorveglianza, che nel corso del processo sono risultate parziali e poco utili alla ricostruzione dell’accaduto. Le perizie acquisite dal giudice, invece, hanno accertato che la notte del 16 marzo 2015 i due, a bordo di una volante della Polizia, sono rimasti coinvolti in un conflitto a fuoco nel corso di un inseguimento ad una Hyundai Atos grigia, ricercata per furto.
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