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Definitiva la condanna a 30 anni per l’operaio che uccise la compagna nel Siracusano

La Suprema Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso presentato dal legale dell'imputato, l'avvocato Carlo Taormina, con cui si chiedeva di prendere in considerazione l’incapacità di intendere e di volere del proprio assistito

Definitiva la condanna a 30 anni di reclusione per Paolo Cugno, il giovane di Canicattini Bagni accusato dell’omicidio di Laura Petrolito. La Corte di Cassazione, infatti, ha ritenuto inammissibile il ricorso presentato dal legale dell’imputato, Carlo Taormina, con cui si chiedeva di prendere in considerazione l’incapacità di intendere e di volere del proprio assistito.

Secondo quanto ricostruito dai Carabinieri, Cugno, nel 2017, al culmine di una lite con la compagna, aveva inflitto numerose coltellate sul corpo della donna, e poi aveva gettato il cadavere in un pozzo in un appezzamento di terreno, a Canicattini. Il giovane era stato fermato dai militari alcune ore dopo il delitto e aveva confessato. La difesa ha sempre sostenuto l’incapacità di intendere e di volere.

Laura e il suo compagno erano usciti di casa per una passeggiata lasciando il figlio (che all’epoca aveva 8 mesi) con il nonno, il papà della ragazza. Non hanno fatto più rientro. In serata l’uomo ha iniziato a chiamare entrambi i cellulari senza ottenere alcuna risposta e poi ha avvisato i Carabinieri, nella convinzione che alla figlia potesse essere successo qualcosa.

Già in appello l’allora difensore di Cugno, l’avvocato Titta Rizza, aveva puntato sulla presunta incapacità dell’imputato, chiedendo una perizia psichiatrica. Richiesta anche ai tempi rigettata dalla Corte d’Appello di Catania che aveva confermato la pena – già comminata a Cugno in primo grado – di 30 anni. Che oggi la Cassazione ha dichiarato definitiva.


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