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Droga e tratta di esseri umani le attività principali della mafia, Messina Denaro resta punto riferimento: la relazione della Dia

Crescente la pericolosità dei sodalizi nigeriani, non sembra essersi attenuata la pressione estorsiva

“Cosa nostra continua a soffrire di una “crisi di leadership” che “sembra non potersi risolvere a causa dei continui contraccolpi subiti dalla persistente azione di contrasto giudiziario degli ultimi anni”.

Questo è quanto si legge nell’ultima relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia. “I ‘vecchi’ uomini d’onore che fanno ritorno nei propri territori di competenza – sottolineano gli analisti della Dia – ambiscono a manovrare nuovamente le leve del potere mafioso ma lo vogliono fare a modo loro a pieno titolo e senza condivisione con i reggenti. Spesso non ne riconoscono la caratura e lo spessore criminale e con questi non temono di arrivare alla contrapposizione. Sono i portabandiera di una ortodossia difficile da ripristinare a fronte di una visione più fluida del potere mafioso declinato in chiave moderna. Si tratta di due approcci differenti che rischiano di polarizzare la dialettica tutta interna a Cosa nostra e di focalizzare in futuro risorse ed energie in lotte intestine”.

Messina Denaro resta punto riferimento
Nonostante la lunga latitanza, Matteo Messina Denaro “resterebbe il principale punto di riferimento per far fronte alle questioni di maggiore interesse che coinvolgono l’organizzazione oltre che per la risoluzione di eventuali controversie in seno alla consorteria o per la nomina dei vertici di articolazioni mafiose anche non trapanesi”.

Ad oggi, quindi, il boss castelvetranese, anche al di fuori del contesto trapanese, sarebbe “in grado di assumere decisioni delicatissime per gli equilibri di potere in Cosa nostra, nonostante la sua eccezionale capacità di eclissamento e invisibilità”.

Tuttavia “benché ‘u siccu’ continui a beneficiare della fedeltà di molti sodali, negli ultimi anni sarebbe cresciuto sempre più uno strisciante malcontento in alcuni affiliati. Insoddisfazione connessa con le problematiche derivanti dalla gestione della lunga latitanza peraltro resa difficile dalle costanti attività investigative che hanno colpito in larga parte la vasta rete di protezione del boss”.

Riciclaggio, NFT nuova frontiera mafie
“Lo sviluppo esponenziale dell’uso degli NFT non è accompagnato da una parallela regolamentazione normativa”. E questo espone il settore a rischi che spaziano “dalla contraffazione al riciclaggio”. La Direzione investigativa antimafia dedica un focus al fenomeno delle nuove sfide proposte dal profilo sempre più hi-tech delle mafie, che sempre più spesso ricorrono a “pagamenti effettuati con criptovalute quali i Bitcoin e più recentemente i Monero, che non consentono il tracciamento e sfuggono al monitoraggio bancario”.

In uno scenario in continua, rapida evoluzione le insidie maggiori sembrano arrivare proprio dai “Non-fungible token” – prodotti di natura digitale creati in rete e non replicabili – il cui mercato, in crescita vertiginosa, avrebbe superato il volume d’affari dei 250 milioni di dollari. La particolarissima natura del settore, spiega infatti la Dia, non consente di escludere “possibili condotte che avvalendosi delle procedure di realizzazione e commercio degli NFT siano finalizzate a cancellare l’origine illecita dei capitali, muovendosi in un mercato non normato e per il quale non sono previsti puntuali obblighi in capo agli operatori ed all’utenza”.

Da qui l’auspicio che vengano tempestivamente adottate “tutte quelle misure necessarie per affrontare e scongiurare anche questa nuova minaccia da parte degli attori coinvolti nella lotta al riciclaggio la cui sensibilità per l’innovazione degli strumenti preventivi e repressivi di settore è stata comprovata nel tempo”.

Crescono legami con clan nigeriani
In Sicilia la coesistenza di diverse matrici mafiose, “sia autoctone che allogene, si fa convivenza laddove sullo stesso territorio si giunge ad accordi utilitaristici in uno o più settori di cointeressenza confermando ulteriormente la tendenza, già emersa in passato, a rinunciare alla violenza e ai conflitti cruenti in favore di una predilezione per gli affari”. Emerge dall’ultima relazione secondo cui “in questo ambito rappresentano un ‘quid novis’ i rapporti con le mafie nigeriane, soprattutto nella città di Palermo dove i sodalizi centrafricani sembrano aver acquisito un vantaggio competitivo nel settore degli stupefacenti. I ‘cults’ nigeriani sono in grado di governare l’offerta e la domanda, i flussi di sostanze stupefacenti e soprattutto i cospicui proventi derivanti da un mercato che si conferma tuttora fiorente nonostante la pandemia”.

La droga continua a rappresentare “la principale forma di arricchimento” e nemmeno “la pressione estorsiva sembra essersi attenuata: l’indole parassitaria di Cosa nostra continua a rappresentare un ‘fondamentale’ irrinunciabile della mafiosità anche in una contingenza economico-finanziaria fortemente condizionata dalla crisi conseguente alla diffusione della pandemia da Covid-19”.

Cosa nostra, e più in generale la criminalità organizzata di tipo mafioso, “riesce a realizzare un controllo diffuso e capillare sul territorio di competenza nel mercato legale dei giochi e scommesse online” e si conferma capace di “colmare ogni forma di vuoto dello Stato in ragione di una solida attitudine a sfruttare le debolezze e a speculare su aziende e comunità in difficoltà. La crisi pandemica aggravando una crisi economica e sociale risalente nel tempo avrebbe favorito la crescita del consenso soprattutto nelle aree più povere della Sicilia. Il ‘welfare state’ mafioso capace di assicurare posti di lavoro presso aziende a attività commerciali sottoposte a estorsione, impieghi nella filiera criminale dello spaccio di sostanze stupefacenti e distribuzione di generi alimentari in favore di famiglie in difficoltà, rappresenta oggi il miglior investimento possibile delle mafie per garantirsi in futuro il perpetuarsi del controllo sociale e territoriale”.

Pnrr, fondi comunitari nel mirino delle mafie
“Considerata la spiccata capacità imprenditoriale evidenziata durante il perdurare dell’emergenza sanitaria con la tendenza a infiltrare in modo capillare il tessuto economico e sociale, è più che ragionevole ipotizzare che le mafie potrebbero rivolgere le proprie attenzioni verso i fondi comunitari destinati al Piano nazionale ripresa e resilienza”.

La Dia sottolinea “che i finanziamenti necessari per fronteggiare la crisi originata dall’emergenza sanitaria e per assicurare un tempestivo sostegno economico in favore delle categorie più colpite dalle restrizioni potrebbero invece rappresentare una ulteriore fonte di guadagno a vantaggio delle consorterie”.

Da qui la raccomandazione a “mettere in pratica tutti gli accorgimenti e i controlli necessari volti ad impedire che le imprese a vario titolo riconducibili a sodalizi mafiosi riescano a penetrare la filiera dell’erogazione dei fondi”.

Mafie straniere, droga e tratta il “core business”
“Il core business dei gruppi stranieri in Italia è incentrato sul traffico di droga ma sono significativi per dimensioni e pericolosità anche la tratta di esseri umani e il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”.

Crescente la pericolosità dei sodalizi nigeriani, “inseriti a pieno titolo nel narcotraffico utilizzando una complessa rete di corrieri ‘ovulatori’ che introducono nel territorio nazionale eroina e cocaina avvalendosi dei normali vettori aerei e terrestri oppure sfruttando le rotte dei flussi migratori irregolari”.

La criminalità nigeriana è dedita anche al traffico di esseri umani legato allo sfruttamento della prostituzione e all’accattonaggio forzoso oltre che alla falsificazione di documenti, alla contraffazione monetaria, alle truffe e frodi informatiche. La criminalità cinese presenta “una struttura sostanzialmente gerarchica le cui connotazioni sono incentrate su relazioni di carattere familiare e solidaristico. In taluni casi sono emersi accordi di tipo funzionale con organizzazioni italiane o la costituzione di piccoli sodalizi multietnici volti alla gestione della prostituzione, alla commissione di reati finanziari e al traffico di rifiuti”.

I reati principali commessi all’esterno dell’alveo etnico risultano essere “la contraffazione, il traffico e lo spaccio di metamfetamine, i reati finanziari e le illecite movimentazioni di denaro, la gestione di giochi e scommesse clandestine”.

Il settore di interesse prevalente per la criminalità albanese è quello del traffico di sostanze stupefacenti “sebbene risulti attiva anche nel traffico di armi, nella tratta di esseri umani e nello sfruttamento della prostituzione talvolta in accordo con organizzazioni rumene e nigeriane”.

Nel narcotraffico, in particolare, “le consorterie schipetare si qualificherebbero come particolarmente affidabili ed ormai pienamente affermate sullo scenario internazionale”. La criminalità romena si esprime “sia in forma non organizzata, sia attraverso veri e propri gruppi strutturati. In quest’ultimo caso i sodalizi, talora multietnici, si indirizzano verso attività illecite più complesse e redditizie quali il traffico di droga e di armi”.

La criminalità organizzata sudamericana “opera soprattutto in varie regioni del nord Italia, segnatamente in Lombardia e Liguria, e in misura minore nel Lazio. Si tratta di sodalizi che oltre a essere dediti alla commissione di reati contro il patrimonio e allo sfruttamento della prostituzione collaborano con altre consorterie straniere o italiane nella gestione dei traffici di droga proveniente dall’America latina”.

La criminalità balcanica e dei Paesi dell’ex Unione Sovietica “è principalmente attiva nella commissione di reati contro il patrimonio, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, il traffico di armi, le truffe, il contrabbando, lo sfruttamento della prostituzione, i furti di rame e il traffico di stupefacenti” mentre i sodalizi criminali di origine nord-centro africana hanno da tempo evidenziato ”il preminente interesse per il traffico e lo spaccio di sostanze stupefacenti, per i reati connessi con la filiera dell’immigrazione clandestina spesso contestuale al contrabbando di tabacchi lavorati esteri nonché per la tratta e lo sfruttamento di lavoratori stranieri”.

Le organizzazioni criminali formate da soggetti provenienti dai Paesi del Medio-Oriente e del Sud-est asiatico, infine, sono “attive nel favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e nel traffico di stupefacenti, in particolare eroina importata dai Paesi di provenienza ricalcando le rotte di transito dei migranti. Si registrerebbero tuttavia anche attività nel settore dell’usura e del riciclaggio. Si tratta in genere di consorterie multietniche – quelle del Sud-est asiatico a prevalente matrice indiana e pakistana – che agirebbero in cooperazione con la criminalità dell’area balcanica nonché con quella turca e greca”.


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