fbpx

In tendenza

Sparò e uccise il cognato nell’Agrigentino, condannato a 10 anni

All'origine dell'omicidio ci sarebbero stati dei contrasti accesi fra la vittima e la moglie, sorella dell'imputato, i cui rapporti si erano incrinati tanto da arrivare a una separazione molto conflittuale

Dieci anni e 4 mesi di reclusione contro i 17 e 4 mesi del processo di primo grado per effetto del riconoscimento delle attenuanti della provocazione. I giudici della Corte di assise di appello di Palermo riducono la pena nei confronti di Raimondo Burgio, 39 anni, di Palma, accusato di avere ucciso il cognato Ignazio Scopelliti, 45 anni. Il delitto è avvenuto il primo novembre del 2018, a colpi di pistola, davanti all’abitazione della madre dell’imputato. In primo grado, lo scorso 14 maggio, il gup di Agrigento Francesco Provenzano aveva escluso l’aggravante della premeditazione – che avrebbe fatto aumentare la pena in maniera considerevole – ma non gli aveva riconosciuto le attenuanti generiche e della provocazione che in appello, secondo il pg Giuseppe Fici, andavano, invece, applicate tanto che la richiesta di pena era stata di 8 anni. Nella tarda mattinata, dopo le arringhe dei difensori di parte civile Giuseppe Vinciguerra e Rossana Avanzato e dei legali dell’imputato, gli avvocati Francesco Scopelliti e Salvatore Pennica, è stata emessa la sentenza.

All’origine dell’omicidio, secondo la ricostruzione dei fatti operata dal pm, ci sarebbero stati dei contrasti accesi fra la vittima e la moglie, sorella dell’imputato, i cui rapporti si erano incrinati tanto da arrivare a una separazione molto conflittuale. Burgio, venditore di bombole Gpl e acqua minerale, in un primo momento, quando nell’immediatezza dei fatti fu sentito come testimone, aveva negato i fatti. Quando ha appreso che le immagini del sistema di videosorveglianza di un’abitazione lo avevano immortalato nitidamente mentre sparava al cognato, in pieno centro, in via Palladio, il cambio di strategia e la confessione precisando che andava in giro armato e aveva sparato per timore. La difesa ha sempre sostenuto che si è trattato di legittima difesa. I giudici non hanno concesso le attenuanti generiche, come chiesto dal pm, che avrebbero determinato una maggiore riduzione di pena.


© Riproduzione riservata - Termini e Condizioni
Stampa Articolo


© Riproduzione riservata - Termini e Condizioni