Beni per oltre 10 milioni di euro sono stati confiscati a un mercante d’arte di reperti archeologici indiziato di legami con le cosche mafiose, in particolare della provincia di Trapani. Il provvedimento della Sezione Penale e Misure di Prevenzione del Tribunale di Trapani, eseguito dalla Direzione investigativa antimafia, su proposta della procura di Palermo, segue il sequestro operato nel 2017.
L’uomo è stato titolare anche di imprese operanti in Sicilia in diversificati settori commerciali, quali vendita di cemento, produzione e distribuzione di generi alimentari e di olio d’oliva. Per oltre un trentennio avrebbe accumulato ricchezze con i proventi del traffico internazionale di reperti, molti dei quali trafugati clandestinamente nel più importante sito archeologico di Selinunte da tombaroli verosimilmente al servizio di Cosa nostra.
Emblematico è risultato il ruolo del mercante d’arte nella custodia di migliaia di reperti archeologici provenienti da furti, scavi clandestini e depredazioni di siti, stipati in cinque magazzini individuati a seguito di rogatoria internazionale nella città elvetica di Basilea.
Sottoposti a confisca 2 compendi aziendali, 38 fabbricati, 4 automezzi, 24 terreni, nonché appartamenti ed uffici, molti dei quali facenti parte dello storico settecentesco Palazzo dei
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