Quattordici rinvii a giudizio, un patteggiamento e quattro imputati che chiedono il giudizio abbreviato. Queste le decisioni del giudice all’udienza preliminare ad Agrigento, a carico di diciannove presunti “furbetti del reddito di cittadinanza“. Ad alcuni di loro si contesta di avere ottenuto l’erogazione del beneficio nonostante avessero riportato delle condanne per associazione mafiosa, che sono ostative per legge. Ad altri, coniugi o parenti di mafiosi, si contesta di avere omesso di dichiarare l’esistenza della condanna per incassare un contributo superiore. Alcuni sono accusati di avere omesso di dichiarare l’esistenza a loro carico di condanne definitive per associazione mafiosa che avrebbero impedito la concessione del reddito di cittadinanza, usufruendo – invece – dell’erogazione di svariate migliaia di euro.
Pasquale Alaimo, peraltro, ha scontato 13 anni di reclusione per l’accusa di essere stato il braccio destro del capo provinciale di Cosa nostra, Maurizio Di Gati. Diverso il caso di Sergio Cusumano che avrebbe dovuto comunicare il suo arresto nell’ambito dell’inchiesta antimafia Kerkent nella quale, nei mesi scorsi, è stato condannato a 12 anni e 8 mesi per traffico di droga. Gli altri sono coniugi o familiari di mafiosi o persone finite in carcere. Fra loro – Carmela Signorino Gelo – moglie del pentito Giuseppe Quaranta che avrebbe dovuto comunicare la circostanza che il marito si trovava in carcere. L’omissione, come in tutti gli altri casi analoghi, comportò l’erogazione del contributo in misura maggiore. La donna ha patteggiato 10 mesi e 20 giorni di reclusione. Genco, Spoto, Cutaia e Cusumano hanno scelto il giudizio abbreviato mentre per gli altri 14 il gup Giuseppe Miceli ha disposto il rinvio a giudizio.
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