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Falsi nei bilanci del Comune di Palermo: l’ex sindaco Orlando rischia il processo

L'accusa è di avere truccato 4 anni di bilanci comunali

La procura di Palermo ha notificato per la seconda volta gli avvisi di conclusione delle indagini sui falsi nei bilanci del Comune, nel periodo in cui era sotto la guida di Leoluca Orlando: proprio l’ex sindaco, il cui mandato è scaduto a metà giugno, è uno dei venti tra gli ex amministratori, i dirigenti e i revisori dei conti dell’amministrazione municipale a rischiare la richiesta di rinvio a giudizio, atto che di regola segue l’avviso di chiusura.

Una prima notifica era stata fatta a ottobre, ma gli stessi pm Andrea Fusco e Giulia Beux, del pool coordinato dal procuratore aggiunto Sergio Demontis, si erano resi conto della necessità di integrare le ipotesi di accusa, quasi tutti falsi in atto pubblico e falsi in bilancio, in cui adesso Orlando è quasi sempre chiamato in causa.

Rispetto alla prima versione, tra l’altro, sono state stralciate quattro posizioni, quelle degli ex comandanti della polizia municipale Gabriele Marchese e Vincenzo Messina, delle dirigenti Paola Di Trapani e Lucietta Accordino, adesso destinate alla richiesta di archiviazione.

Secondo quanto raccolto dalla Guardia di Finanza, a rispondere delle contestazioni dovrebbero essere – con Leoluca Orlando – gli ex assessori Luciano Abbonato, Roberto D’Agostino e Antonino Gentile, il ragioniere capo Paolo Bohuslav Basile, l’ex capo di gabinetto del sindaco, Sergio Pollicita, che è anche dirigente comunale, assieme a Carmela Agnello, Cosimo Aiello, Marcello Barbaro, Leonardo Brucato, Salvatore Di Trapani, Giovanni Carlo Galvano, Mario Li Castri, Marco Mazzurco, Antonino Mineo, Luigi Mortillaro, Sebastiano Orlando, Paolo Porretto, Stefano Puleo e Daniela Rimedio.

Nell’attuale contesto di debiti e di conti in dissesto, l’accusa è di avere truccato 4 anni di bilanci comunali, facendo sparire o sminuendo, dal 2016 al 2019, debiti, perdite, esposizioni, facendo al contrario risultare entrate regolari e il normale gettito di tasse – come la Tari e la Tarsu, ma anche le ordinarie multe per violazioni del codice della strada – che in realtà il Comune fatica a riscuotere.

Tra il 2017 e il 2018, ad esempio, gli indagati avrebbero fatto figurare disavanzi per ‘soli’ 340 e 353 milioni di euro, simulando pure presunti pareggi nei bilanci del 2016 e 2017, quando furono fatte figurare più entrate che spese, per 122 e 57 milioni. In questo modo sarebbe stato ingannato il Consiglio comunale, in un disegno in cui, nonostante la sua difesa (“Non sono un tecnico, ma mi appoggiavo a tecnici”), proprio l’ex sindaco è ritenuto l’uomo al centro di tutto.


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