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Sistema Montante: 8 anni in appello all’ex paladino antimafia

Considerato per anni il simbolo della riscossa degli imprenditori siciliani contro Cosa nostra, l'ex responsabile nazionale di Confindustria per la legalità, è finito nei guai, quando, dopo le dichiarazioni di alcuni pentiti, è stato accusato di concorso esterno in associazione mafiosa per i suoi legami con Vincenzo Arnone ed il padre Paolino, esponenti mafiosi di Serradifalco e suoi testimoni di nozze

Sconto di pena in appello per Antonello Montante, ex leader di Confindustria Sicilia, condannato a 8 anni di reclusione. La sentenza, emessa dalla Corte d’Appello di Caltanissetta, presieduta da Andreina Occhipinti, è arrivata dopo oltre otto ore di camera di consiglio. Rientra nell’ambito del processo sul cosiddetto “Sistema Montante”, celebrato con il rito abbreviato nei confronti di 5 imputati. Il sostituto procuratore generale di Catania, Giuseppe Lombardo, per Montante aveva chiesto la condanna a 11 anni e 4 mesi. L’accusa è di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione. In primo grado, l’ex paladino dell’antimafia, era stato condannato dal Gup Graziella Luparello, a 14 anni di reclusione.

Il processo nei confronti di Montante, è scaturito dall’inchiesta “Double face”, condotta nel 2018 dalla Squadra Mobile di Caltanissetta e coordinata dalla Dda nissena. L’ex paladino dell’antimafia avrebbe messo in piedi un vero e proprio ‘sistema’ di potere, ideato e attuato “grazie a una ramificata rete di relazioni e complicità intessuta con vari personaggi inseriti ai vertici dei vari settori delle istituzioni”. Sarebbe stato al centro di una attività di dossieraggio realizzata, anche grazie a complicità eccellenti, attraverso l’accesso alla banca dati delle forze dell’ordine e finalizzata a ricattare “nemici”, condizionare attività politiche e amministrative e acquisire informazioni su indagini a suo carico.

Alleggerite anche le condanne per altri due imputati del processo sul cosiddetto Sistema Montante: il sostituto commissario Marco De Angelis è stato condannato a 3 anni 6 mesi (in primo grado aveva avuto 4 anni) e Diego Di Simone capo della security di Confindustria è stato condannato a 5 anni (in primo grado 6 anni e 4 mesi). Assolti il generale Gianfranco Ardizzone, ex comandante provinciale della Guardia di Finanza e il questore Andrea Grassi. In primo grado Ardizzone era stato condannato a 3 anni, Grassi a 1 anno e 4 mesi. Montante non era presente alla lettura della sentenza.

Antonello Montante, 59 anni, imprenditore di Serradifalco, considerato per anni paladino dell’Antimafia, accusato di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, secondo la Dda di Caltanissetta, avrebbe messo in piedi, con la complicità di esponenti politici, rappresentanti delle forze dell’ordine, imprenditori e sindacalisti un vero e proprio “sistema”, che si poggiava su un presunto continuo scambio di favori e raccomandazioni, ricatti sessuali e video hard, posti di lavoro e facili carriere. Una sorta di rete finalizzata a spiare i movimenti e le inchieste di procura e polizia. Tra le accuse anche quella di accesso abusivo al sistema informatico, per avere notizie sui suoi nemici.

Considerato per anni il simbolo della riscossa degli imprenditori siciliani contro Cosa nostra, l’ex responsabile nazionale di Confindustria per la legalità, è finito nei guai, quando, dopo le dichiarazioni di alcuni pentiti, è stato accusato di concorso esterno in associazione mafiosa per i suoi legami con Vincenzo Arnone ed il padre Paolino, esponenti mafiosi di Serradifalco e suoi testimoni di nozze.

Anche alcuni pentiti di mafia hanno puntato il dito contro l’ex eroe della legalità. Nelle motivazioni della sentenza del processo celebrato in primo grado, con rito abbreviato, per il gup Graziella Luparello, “Montante è stato il motore immobile di un meccanismo perverso di conquista e gestione occulta del potere che, sotto le insegne di un’antimafia iconografica, ha sostanzialmente occupato, mediante la corruzione sistematica e le raffinate operazioni di dossieraggio, molte istituzioni regionali e nazionali”.

Viene descritto come un “ricattatore seriale”. Aveva dato vita “a un fenomeno che può definirsi plasticamente non già quale mafia bianca, ma mafia trasparente, apparentemente priva di consistenza tattile e visiva e perciò in grado di infiltrarsi eludendo la resistenza delle misure comuni”. In questo sistema l’ex leader di Sicindustria aveva compiti ben precisi di “direzione, promozione e organizzazione” di un sodalizio di cui hanno fatto parte ufficiali di polizia, dell’Arma dei carabinieri e della Guardia di Finanza.

Attualmente a Caltanissetta, sono in corso altri due processi che si celebrano con il rito ordinario. Il primo vede alla sbarra 17 imputati tra politici e investigatori. E’ invece ancora alle battute iniziali, il processo che si celebra nei confronti di altri 13 imputati, tra esponenti politici, rappresentanti delle forze dell’ordine e imprenditori, compreso l’ex presidente della Regione Rosario Crocetta. La procura di Caltanissetta contesta presunti finanziamenti illeciti che sarebbero stati erogati per sostenere la campagna elettorale dell’ex governatore. Gli imputati sono accusati, a vario titolo, di associazione a delinquere, corruzione, abuso d’ufficio e finanziamento illecito ai partiti. Montante si è sempre difeso: “C’è una frase importante di Papa Francesco che ho fatto mia: nella vita è bello non fare male. Con questa frase sono riuscito a resistere e a perdonare i traditori. Io non parlerò male, parlerò della verità. Cioè quello che abbiamo fatto: sacrificare la vita per le istituzioni. Non ho fatto dossieraggio. Scrivevo tutto perché la mia paura era quella di non ricordare”.

A squarciare il velo sul cosiddetto “Sistema Montante” è stata la procura nissena. Il 14 maggio del 2018 è scattato il blitz “Double Face”, condotto dalla Squadra mobile e coordinato dalla Dda di Caltanissetta. Antonello Montante è finito prima agli arresti domiciliari e successivamente in carcere dove ha trascorso quasi un anno della sua vita. “Il carcere mi ha massacrato”, ha detto. In cella era caduto in depressione. Dopo la scarcerazione, gli è stato imposto l’obbligo di dimora ad Asti. Nell’ambito dell’inchiesta “Double Face”, finirono agli arresti domiciliari altre cinque persone mentre in 17 vennero iscritti nel registro degli indagati. Dalle indagini è emerso che Montante in una “stanza segreta” della sua lussuosa villa di Serradifalco, custodiva dossier e documenti che riguardavano anche politici e magistrati. La Squadra mobile sequestrò carte, pizzini, curriculum, file e pen drive.
In primo grado, il processo nei confronti dell’ex numero uno di Confindustria Sicilia e di altri cinque imputati, si è chiuso con cinque condanne, con Montante condannato a 14 anni di reclusione. In appello la procura aveva chiesto per lui 11 anni e 4 mesi, ma Montante ha rimediato alla fine 8 anni.

A trascinarlo insieme alla sua cricca in Tribunale sono state le dichiarazioni rese ai magistrati nisseni, dall’ex presidente dell’Irsap Sicilia Alfonso Cicero e dall’imprenditore Marco Venturi, ex assessore regionale i quali, da amici per la pelle di Montante si sono trasformati in principali accusatori sostenendo che “era pericoloso”.


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