Ancora nessuna notizia di Daouda Diane il 37enne ivoriano scomparso da Acate (Ragusa) il 2 luglio, giorno in cui è stato visto per l’ultima volta dagli amici. Ieri sopralluogo dei Ris nello stabilimento della Sgv Calcestruzzi dove si era recato. Forse nel giorno della scomparsa – ci sono accertamenti in corso – aveva inviato un video al fratello dove raccontava la fatica del lavoro e le condizioni difficili.
Acate conta circa 10 mila abitanti, molti stranieri, famiglie integrate in una comunità multietnica ma ci sono anche molti “invisibili” che vivono ai margini del piccolo paese e che lavorano spesso in nero e in condizioni degradanti e disumane nella cosiddetta ‘fascia trasformata’. Da un lato del paese il castello, dall’altro l’ex convento in cui il Ciss (cooperazione internazionale sud sud) ha inaugurato grazie ai locali messi a disposizione del Comune, il progetto “Paspartù” rivolto ai ‘bambini delle serre’ e alle loro famiglie, un progetto finanziato dal “Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile’ da ‘Con i Bambini’, organizzazione senza scopo di lucro interamente partecipata dalla Fondazione con il Sud.
Un punto fisso di aggregazione e socializzazione che arriva dopo anni di impegno ai margini di Acate dove un pullmino del Ciss ha macinato chilometri raggiungendo le campagne, coinvolgendo già i bambini, in laboratori e iniziative. “Ci sono tante belle realtà” dice il sindaco di Acate, Giovanni Di Natale che con grande entusiasmo ringrazia il Ciss per quanto ha fatto e sta facendo per la sua comunità. Su Daouda dice ad AGI che “gli inquirenti a quanto vedo, stanno lavorando senza tralasciare nulla. Prima i droni con la Protezione civile, poi i Cacciatori di Sicilia. Poi per tutta la giornata un sopralluogo dei Ris nello stabilimento del calcestruzzo, per il quale è stata chiesta anche la collaborazione dell’ufficio tecnico del Comune oltre all’impegno quotidiano dei carabinieri“.
Ma un’idea di dove sia finito Daouda, impegnato anche come mediatore culturale, non c’è. “Più tempo passa, più le speranze si affievoliscono. Mi hanno detto che Daouda aveva dei problemi di diabete. Poi, di solito qualche chiacchiera in paese arriva stavolta nulla, non mi arrivata alcuna notizia”, prosegue il primo cittadino di Acate. C’è un uomo inghiottito nel nulla, c’è un lavoro di emersione che il presidente del Ciss, Sergio Cipolla, con le mani ancora sporche di vernice bianca e Roberta Maddalena che è referente sul territorio, presentano alla comunità con una festa. ‘Paspartù’ il progetto che vuole promuovere inclusione attraverso il gioco sarà pienamente operativo a settembre con laboratori e giochi per i bambini ma anche con il coinvolgimento delle loro famiglie.
Ci sono mediatori, ci saranno anche consulenze a supporto delle famiglie. Attività gratuite per l’utenza e un calendario che verrà strutturato, per semplificare, all’inizio della scuola, che è dall’altro lato dell’antico edificio dei primi del Settecento, prima convento, poi casa degli orfanelli e, dopo ancora, asilo nido. Oggi due sale per la ludoteca, un salone per la didattica e un altro spazio per convegni, incontri, spettacoli come quelli offerti per l’occasione: Colapisci – Cuntu di Trinacria, di e con Marzia Ciulla a cui è seguito il concerto di Davide Di Rosolini il tutto anticipato dallo spettacolo di giocoleria di Giuseppe Buggea. Una ventina di bambini presenti. Comunicano in italiano ma parlano lingue diverse: albanese, arabo, ma anche inglese e francese. All’inaugurazione c’è anche Michele Mililli responsabile, per il sociale, del sindacato Usb, il primo a puntare l’attenzione sulla scomparsa di Daouda.
Oggi a Ragusa alle 18, manifestazione in piazza San Giovanni, un “corteo per la civiltà” per chiudere la verità sulla scomparsa del lavoratore ivoriano, operatore notturno e mediatore al centro Medintegra di Acate. Una decina di minuti tra Acate e il cementificio, dal centro città alla periferia. Per strada, una casa al margine della cittadina. Due garage con i vestiti della giornata di lavoro, appesi fuori, una quindicina di migranti, sembrano tutti Nigeriani in parte fuori, in strada, in parte all’interno, dove stanno mangiando. Non vogliono parlare “non capisco” dicono tagliando corto con grande educazione. Nessuno parla. Quindici miniti per attraversare il paese dal castello al convento. Altrettanti per andare a piedi al cementificio. Ma nessuno sa. Nessuno ha visto. E Daouda ancora non c’è.
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