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Fabbrica dei falsi invalidi, cinque condanne in appello

Un imputato ha beneficiato della prescrizione mentre un'anziana paziente, accusata di avere "comprato" un falso certificato, è morta prima della sentenza

Cinque condanne e due assoluzioni al processo di appello scaturito dall’inchiesta denominata “La carica delle 104” che ha sgominato una presunta “fabbrica” di falsi invalidi nell’Agrigentino.

Un imputato ha beneficiato della prescrizione mentre un’anziana paziente, accusata di avere “comprato” un falso certificato, è morta prima della sentenza. Il verdetto è stato emesso dai giudici della prima sezione penale della Corte di appello di Palermo, presieduta da Adriana Piras.

Le indagini della polizia hanno mostrato le immagini impietose delle telecamere che hanno filmato le sceneggiate degli arrivi per la visita davanti alla commissione in ambulanza e barella, salvo poi scendere a piedi, convinti di non essere visti. In questo troncone erano imputati in 9 (un medico e otto pazienti) che avrebbero rilasciato e utilizzato dei falsi certificati che attestavano patologie inesistenti per beneficiare dei benefici previsti dalla legge per previdenze o trasferimenti in sedi privilegiate.

In primo grado, il gup del tribunale di Agrigento, Stefano Zammuto, aveva deciso 9 condanne.

Tre anni e dieci mesi di reclusione erano stati inflitti ad Antonia Matina, 65 anni, di Favara, ortopedico; un anno e quattro mesi a Giuseppe Cuffaro, 41 anni, di Raffadali, paziente accusato di avere corrotto i medici per ottenere un falso certificato; quattro anni e due mesi per Patrizia Ibba, 44 anni, di Raffadali; quattro anni per il fratello Roberto di 48 anni; accusati pure di avere ottenuto un falso certificato; 3 anni e 6 mesi a Domenico Giglione, 53 anni, di Raffadali; 3 anni e 10 mesi alla madre Eleonora Moscato, 86 anni; 3 anni e 10 mesi a Giuseppa Barragato, 48 anni, di Palma; 3 anni e 6 mesi a Vincenzo Gaziano, 69 anni, di Agrigento e 3 anni e 6 mesi a Giuseppe Aquilino, 62 anni, di Palma. Gli ultimi imputati sono tutti pazienti che avrebbero corrotto dei medici per avere un falso certificato.

Per Roberto Ibba, Matina e Barragato la pena è stata ridotta (3 anni al primo, 2 anni e 2 mesi ciascuno agli altri due) per effetto dell’assoluzione da singole accuse e della prescrizione di un reato per Matina. Moscato è deceduta. Aquilino e Gaziano sono stati assolti e Cuffaro ha beneficiato della prescrizione.

Il sostituto procuratore generale Giuseppina Motisi aveva chiesto per tutti la conferma della sentenza di primo grado. I giudici, dopo avere dedicato alcune udienze alle arringhe dei difensori (fra gli altri dagli avvocati Giuseppe Barba, Francesco Scopelliti, Santo Lucia, Aldo Virone ed Enrico Quattrocchi) hanno emesso il verdetto.

L’inchiesta, che nel settembre del 2014 ha fatto scattare l’operazione e ha già portato a decine di patteggiamenti ma anche di archiviazioni, avrebbe accertato l’esistenza di due bande parallele che avevano messo in piedi un giro di falsi invalidi. Ne avrebbero fatto parte medici compiacenti, che accettavano, talvolta, tangenti di modesta entità per attestare patologie inesistenti o di portata superiore a quella reale, pubblici funzionari e semplici faccendieri, ovvero figure che nulla avevano a che fare col mondo sanitario ma che avrebbero procacciato finti malati a cui faceva comodo ottenere previdenze e indennizzi da parte dello Stato oppure agevolazioni lavorative come i trasferimenti vicino casa per assistere familiari.


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