Spacciavano stupefacenti all’interno di una comunità alloggio per disabili psichici di Favara. I carabinieri stanno eseguendo sette misure cautelari, firmate dal gip del tribunale di Agrigento Stefano Zammuto, su richiesta del procuratore capo, facente funzioni, Salvatore Vella.
Per due indagati – un quarantenne e un cinquantenne originari di Agrigento – è stata disposta la custodia cautelare in carcere, per altri due – un 24enne originario di Agrigento e un 47enne di Palermo – è stato disposto l’obbligo di dimora ad Agrigento. E ancora, per altri due indagati – un quarantenne di Favara e l’altro originario della Germania – è stato disposto il divieto di dimora in provincia di Agrigento e infine per un sessantenne di Favara è stato disposto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
“L’indagine è stata avviata nel novembre del 2020 dopo diverse segnalazioni, tra cui quella di una donna, ospite della struttura, che aveva denunciato – ha ricostruito la Procura della Repubblica di Agrigento – di aver subito minacce e violenze sessuali reiterate come corrispettivo nella compravendita della sostanza stupefacente”.
Sono state avviate intercettazioni telefoniche e riprese video che hanno consentito di comprendere quella che è stata definita dagli inquirenti, come una strutturata “piazza di spaccio”. È venuta alla luce infatti una fiorente attività di spaccio all’interno della comunità alloggio per disabili psichici di Favara.
L’inchiesta – denominata ‘Dark community’ – ha “permesso di accertare come gli indagati rifornissero di stupefacenti gli ospiti della struttura con problematiche di tossicodipendenza o di natura psichica, con la compiacenza e in alcuni casi la correità – scrive il procuratore capo, facente funzioni, Salvatore Vella – di responsabili e dipendenti della comunità. Questi ultimi difatti assecondavano le richieste di stupefacente da parte dei degenti, provvedendo direttamente a reperire lo stupefacente. Tra i protagonisti delle dinamiche di spaccio vi era anche un indagato, Carmelo Cusumano – prosegue la ricostruzione del procuratore Vella – già sottoposto alla detenzione domiciliare nella comunità che, con la correità di un familiare, introduceva nella struttura una quantità consistente di hashish e poi spacciava agli altri degenti”. L’inchiesta ha permesso di acclarare numerosi episodi di abusi e maltrattamenti posti in essere da dirigenti ed operatori della comunità, mediante minacce o vere e proprie aggressioni fisiche in danno dei pazienti ogni qualvolta lamentavano carenze o disservizi.
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