Domani alle 9 nuova udienza del processo Open Arms, presso l’aula bunker “Falcone e Borsellino” del carcere dell’Ucciardone di Palermo. Il procedimento è a carico dell’ex ministro dell’Interno, attuale ministro alle Infrastrutture, Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio per una vicenda che risale all’agosto del 2019, quando la Open Arms, fu costretta ad attendere 19 giorni in mare prima di poter far sbarcare le 160 persone che aveva a bordo a seguito di tre diverse operazioni di soccorso.
Domani verranno ascoltati come testimoni richiesti dalla procura l’ex premier Giuseppe Conte, l’ex vice presidente del Consiglio Luigi Di Maio, e l’ex ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese.
Durante le ultime udienze, le dichiarazioni dell’allora dirigente del ministero dell’Interno Fabrizio Mancini, avevano fatto emergere la presenza di un video, girato dal sottomarino della Marina militare “Venuti”.
Il sottomarino era presente al momento del primo soccorso della Open Arms, il primo di agosto, e di un file audio registrato sempre dallo stesso in cui si ipotizzava una conversazione in lingua spagnola tra il capitano della nave e una terza persona non meglio identificata.
Il video, già agli atti, per la ong spagnola “dimostra che l’imbarcazione da noi soccorsa si trovava in condizioni di instabilità e sovraffollamento come evidenziato dalla perizia tecnica eseguita dai consulenti della Procura, mentre gli audio rappresentano nient’altro che la conversazione tra il capitano della Open Arms, Marc Reig, e uno dei marinai a bordo durante una normale operazione di ricerca notturna, come evidenziato dalla traduzione degli stessi”.
Dopo aver esaminato i video e aver appreso della presenza del sottomarino nella zona del soccorso, la Open Arms ha chiesto all’autorità giudiziaria di effettuare verifiche per stabilire se possa essere riscontrata “una condotta omissiva e negligente da parte del sottomarino Venuti, essendosi limitato a riprendere le operazioni di soccorso dei nostri volontari senza né intervenire né quantomeno segnalare alle autorità di coordinamento degli Stati costieri la presenza di persone in difficoltà a bordo”.
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