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“A Campobello la mafia mi sconfisse”, l’ex magistrato Antonio Ingroia dopo l’arresto del superlatitante

L’ex pm, per diversi anni impegnato nelle indagini su Cosa Nostra, alle ultime elezioni amministrative era candidato alla carica di sindaco nel centro agricolo del Trapanese

“Mi candidai, fui sconfitto e dissi che il risultato elettorale lo consideravo essere stato condizionato dalla mafia: oggi, scoprendo che lui era addirittura latitante lì, mi do ragione ulteriore del mio mancato successo”. Chi racconta all’AGI un pezzo di Campobello di Mazara, dove è stato trovato l’ultimo covo di Matteo Messina Denaro, è l’ex pm Antonio Ingroia, magistrato per diversi anni impegnato nelle indagini su Cosa Nostra e che nelle ultime elezioni amministrative, un paio di anni fa, era stato candidato alla carica di sindaco in questo centro agricolo del Trapanese.

Siamo – spiega – in una zona tipica per l’incrocio tra mafia, massoneria e servizi deviati, segnalato da diversi importanti omicidi da Ciaccio Montalto a Mauro Rostagno fino alla Strage di Pizzolungo. Qui sullo sfondo c’è la mafia, ma non di sola mafia”. Perché, lasciata la toga da diversi anni, scelse di candidarsi proprio a Campobello? “Il Comune di Campobello – risponde – arrivava da uno scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose e diversi giovani mi cercarono per dare vita a una lista improntata all’antimafia e alla legalità. Io avevo indagato a Trapani, mi ero occupato del Trapanese, di cui sono originario, ero stato  pm a Marsala con Borsellino e indagai anche su Messina Denaro, insomma conoscevo questo territorio e mi chiesero una presenza simbolica: non andò male, ma persi le elezioni. Ricordo che facevo i comizi non in una piazza, ma in un corso. Dissi che il risultato elettorale era stato condizionato dalla presenza mafiosa, e quanto accade oggi me ne dà ulteriore conferma anche se non potevo sospettare che il proprio il covo di Messina Denaro fosse lì e il boss andasse in giro per strada indisturbato. Questa è la dimostrazione delle coperture di cui godeva. Se giri indisturbato sul territorio, e sei il latitante più ricercato d’Italia, sai il fatto tuo”, ed emergono “coperture sia di una parte della popolazione ma anche istituzionali”.

Campobello di Mazara è un medio centro agricolo che scivola verso il mare. Punto di arrivo di diversi migranti, che trovano lavoro nei campi per la raccolta di olive, ha visto insediarsi una mafia rurale. “ – precisa Ingroia – ma è una mafia che si è evoluta”, ha trovato sulla propria strada svariate alleanze, diversa da quella di ‘Cicco’ Messina Denaro, padre di Matteo, originari di Castelvetrano. “Campobello – dice Ingroia – è tutt’uno con il territorio di Castelvetrano”.

Veniamo al covo, quali differenze trova tra oggi e trent’anni fa, quando fu scoperto il covo di Riina. “Le differenze – afferma – sono enormi. Memori delle esperienze del passato, c’è stata, vedo dalle cronache, una perquisizione accurata, con i rilievi fatti dai Ris. Tra un covo abbandonato e non perquisito e la minuziosa perquisizione di oggi c’è un abisso, che smentisce quei carabinieri che ritenevano inutile perquisire il covo di Riina perché, dicevano, non era pensabile che Riina vi tenesse qualcosa dentro”. Crede che uno come Messina Denaro, abituato al lusso, sia in grado di reggere il 41 bis? “È un’altra generazione rispetto a Riina. Messina Denaro si faceva curare in una clinica per un tumore, quindi si deve vedere qual è la sua aspettativa di vita. Se maggiore, forse due conti se li farà poiché è custode di segreti e di verità degli ultimi 30-40 anni. Sa tutto o quasi tutto degli aspetti oggi ancora oscuri dietro le stragi, oltre che della Trattativa Stato-mafia e dell’agenda rossa di Borsellino. Tra l’altro, secondo collaboratore Baiardo, era Messina Denaro a custodire l’agenda rossa di Borsellino, ma non credo che la troveranno in questo covo perquisito oggi. Forse potrebbe usare questa cosa per aprire una ‘trattativa’ con lo Stato”. 


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