E’ il momento per gli investigatori e i pm che coordinano le indagini sulla vasta rete dell’ex latitante Matteo Messina Denaro, delle verifiche e dei riscontri sulla grande quantità di materiale raccolto: dai due telefoni trovati al boss a quelli, sempre due, utilizzati dal suo autista, Giovanni Luppino, sequestrati al momento dell’arresto.
Ma anche dei documenti, degli appunti in loro possesso e altri ritrovati nel covo di vicolo San Vito, a Campobello di Mazara.
Un approfondimento si starebbe facendo anche sulle altre 5 carte di identità ritrovate nel covo: si tratterebbe, come per quella usata da Messina Denaro con l’alias di Andrea Bonafede, di documenti con le generalità di persone esistenti sempre emesse – sembrerebbe – dal comune di Campobello di Mazara e che sarebbero state usate in epoche differenti e precedenti all’ultimo anno.
Inquirenti e investigatori cercano di capire se siano carte vere, messe a disposizione da altrettante persone, a cui è stata sostituite la fotografia. O se, invece, possano essere documenti “clonati” all’insaputa degli intestatari.
Negli anni scorsi in particolare nel 2018 la cronaca registra uno “strano” furto all’anagrafe del comune di Trapani: fu prelevata una cassaforte con all’interno pacchetti di carte di identità vergini e soldi in contanti.
Gran parte della refurtiva fu recuperata ma il dato di partenza – al vaglio delle indagini – è che le altre carte ritrovate sarebbero state emesse dal comune di Campobello di Mazara.
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