Le indagini vanno avanti per affondare il bisturi su “l’inquietante reticolo di connivenze e complicità in diversi luoghi e in svariati ambiti professionali (a cominciare da quello medico-sanitario)” che hanno favorito la trentennale latitanza di Matteo Messina Denaro. Lo assicurano i magistrati della procura di Palermo nelle richieste d’arresto dei fiancheggiatori. Dopo l’arresto ieri del medico di base in pensione Alfonso Tumbarello, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e falsi ideologici pluriaggravati, e del ‘postino delle ricette’ Andrea Bonafede, cugino omonimo del ragioniere prestanome, per favoreggiamento e procurata inosservanza della pena, i fari restano accesi sul “reticolo sul quale sarà necessario proseguire le investigazioni che doverosamente dovranno condurre a individuare e perseguire, se sussistenti, tutte le condotte integranti possibili profili di responsabilità penale”.
Tutte le indagini, coordinate dal procuratore capo Maurizio De Lucia con l’aggiunto Paolo Guido, “ancora in pienissimo e frenetico svolgimento sulla ricostruzione delle fasi che hanno preceduto la cattura di Messina Denaro”, avvertono i magistrati, “hanno innanzitutto offerto uno spaccato dell’assordante silenzio dell’intera comunità di Campobello di Mazara che, evidentemente con diversi livelli di compiacenza omertosa, paura, o addirittura complicità ha consentito impunemente al pericoloso stragista ricercato in tutto il mondo (e per la cui cattura lo Stato ha impegnato sino allo stremo, dirottandole da altre priorità, le migliori intelligenze investigative del Paese, nonché mezzi e tecnologie dai costi elevatissimi) di affrontare almeno negli ultimi due anni cure mediche e delicatissimi interventi chirurgici in totale libertà, godendo della disponibilità di somme di denaro, macchine, appartamenti, addirittura relazioni sentimentali”.
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