Poco più di un anno dopo il danneggiamento della Scala dei Turchi, imbrattata fra il 6 e il 7 gennaio del 2022, con una sostanza chimica rossa, la Procura chiude l’inchiesta e si appresta a chiedere il rinvio a giudizio dei due presunti responsabili. Si tratta di Domenico Quaranta, 49 anni, condannato in passato per gli attentati terroristici dimostrativi alla Valle dei Templi e alla metropolitana di Milano e Francesco Geraci, 46 anni, entrambi di Favara. Il pubblico ministero della procura di Agrigento, Gloria Andreoli, ha fatto notificare loro l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, atto che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio: l’ipotesi accusatoria è di deturpamento di cose altrui e deturpamento di bellezze naturali.
I carabinieri hanno acquisito le immagini del sistema di video-sorveglianza della zona e avviato accertamenti sulla vendita del prodotto usato per l’imbrattamento stringendo il cerchio in pochi giorni. Si tratta di ossido di zinco, normalmente usato per verniciature in esterna: la pioggia avrebbe sciolto la polvere trasformandola in una lunga scia di colore rosso, per fortuna non indelebile. Mentre i social insorgevano scagliandosi contro i responsabili del gesto, già pochi giorni dopo la scogliera di marna era stata ripulita da alcuni volontari: un gesto che fu molto apprezzato dall’allora procuratore Luigi Patronaggio. Ad agire materialmente sarebbe stato Quaranta, mentre Geraci avrebbe fatto da autista del furgone Ford Transit e da “palo”.
Quaranta, fin dall’inizio, era il sospettato principale del danneggiamento. L’ex imbianchino, nel 2006, era stato condannato a 16 anni di carcere per avere sistemato una bombola di gas alla metropolitana di Milano, nel 2002, e per avere fatto brillare un ordigno rudimentale nel cuore della Valle dei Templi. Nel 2011 era già stato destinatario della misura di sorveglianza speciale, applicata fino al 2018. Di recente aveva anche imbrattato la marna di Punta Bianca ed era stato segnalato di recente all’autorità giudiziaria per vilipendio per avere postato delle frasi ingiuriose e delle offese nei confronti delle forze dell’ordine. Ma non solo: aveva anche imbrattato la casa natale di Luigi Pirandello, e dei vasi di ceramica in viale delle Dune ad Agrigento.
Dopo l’ultima denuncia era finito in carcere per effetto della della “misura di sicurezza della casa lavoro”. Con l’avviso di conclusione delle indagini, i difensori – gli avvocati Salvatore Cusumano e Antonella Carlino – avranno venti giorni di tempo per provare a convincere il pm a non chiedere il rinvio a giudizio con la produzione di memorie o sollecitando ulteriori atti istruttori o un interrogatorio dei loro assistiti. Il Comune di Realmonte, la Regione e il proprietario di una parte della scogliera sono indicati come “parti offese” e potranno costituirsi parte civile.
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