Rosalia Messina Denaro era dunque indicata nei pizzini “Fragolone”, il nome utilizzato dal fratello Matteo per impedire che potesse essere identificata nel caso i suoi scritti venissero ritrovati. Ma di nomignoli sono ricchi i pizzini dell’ex latitante. Il gip di Palermo, Alfredo Montalto, nell’ordinanza con cui ha disposto l’arresto della sorella dell’ex latitante, ne fa un elenco: sono i destinatari dei “pizzini” indicati con nomi in codice: “Fragolone” “Fragolina” “Condor” “Ciliegia”, “Reparto”, “Parmigiano”, “Malato” “Complicato”, “Mela”), “a ulteriore riprova della finalità e della natura criminose – scrive il giudice – dei messaggi e del chiaro intendimento di preservarne l’identità nel caso i pizzini fossero stati “intercettati” dalle Forze dell’Ordine“. Nessun dubbio, poi, “può residuare sulla riferibilità del contenuto di alcuni pizzini ad attività ed affari di Matteo Messina Denaro in quanto capo dell’associazione mafiosa“, e, a tal fine, ricorda i ripetuti riferimenti alla “cassa” ed ai più disparati impieghi delle somme di denaro raccolte non esclusivamente per esigenze personali.
“Inquietanti e eversive” le espressioni condivise dal capomafia Matteo Messina Denaro con “Rosetta”, la sorella Rosalia, arrestata oggi dai Ros. Lo si legge nell’ordinanza firmata dal gip di Palermo, Alfredo Montalto, in riferimento a uno dei pizzini ritrovati, “soprattutto nelle parti in cui egli definiva la donna (e con lei l’intera associazione) “perseguitati, sopraffatti da uno Stato prima piemontese e poi romano che non riconosciamo“, concludendo che “incriminati di mafiosità è un onore”. Il testo dello scritto, redatto il 15 dicembre 2013 dall’ex latitante era indirizzato alla sorella Patrizia e al nipote Francesco (figlio di Rosalia), due giorni dopo l’esecuzione, sottolinea l’ordinanza, di “una importante ordinanza di misura cautelare nei confronti di diversi parenti del latitante”, tra cui la sorella Patrizia e il nipote. Uno scritto che “rappresenta davvero un manifesto di Cosa nostra e al contempo una chiamata in correità dei protagonisti (cioè la destinataria diretta, Rosalia, e quelli indiretti, cioè l’altra sorella Patrizia e il nipote Francesco)”.
“Essere incriminati di mafiosità a questo punto lo ritengo un onore… Siamo stati perseguitati come fossimo canaglie – scrive Matteo Messina Denaro nel pizzino – trattati come se non fossimo della razza umana. Siamo diventati una etnia da cancellare. Eppure siamo figli – si legge in quello che il gip definisce ‘manifesto di Cosa nostra – di questa terra di Sicilia, stanchi di essere sopraffatti da uno Stato prima piemontese, poi romano, che non riconosciamo. Siamo siciliani e tali volevamo restare. Hanno costruito una grande bugia per il popolo. Noi il male, loro il bene. Hanno affamato la nostra terra con questa bugia. Ogni volta che c’è un nuovo arresto, si allarga l’albo degli uomini e donne che soffrono per questa terra, parte di una comunità che dimostra di non lasciar passare l’insulto, l’infamia, l’oppressione e la violenza. Questo siamo e un giorno, nel sono convinto, tutto ci sarà riconosciuto e la storia di restituirà tutto quello che ci hanno tolto in vita”.
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