fbpx

In tendenza

Messina Denaro: un pezzo alla volta si sgretola la rete del capomafia. E l’ex manager dell’Asp accusa: “sempre forti gli interessi della mafia”

Dopo l'arresto oggi di "Fragolone", nome affibbiato alla sorella Rosalia per tentare di proteggerla, ci sono "Ciliegina", "Fragolina", "Corvo", "Parmigiano", "Reparto"

Ora si cercano i complici, quelli nascosti dietro i nickname nei pizzini di Matteo Messina Denaro. Dopo l’arresto oggi di “Fragolone”, nome affibbiato alla sorella Rosalia per tentare di proteggerla, ci sono “Ciliegina”, “Fragolina”, “Corvo”, “Parmigiano”, “Reparto”… Ma il famoso cerchio che il 16 gennaio si è chiuso a Palermo attorno a Matteo Messina Denaro, ora si chiude, un po’ alla volta, anche sulla rete che lo ha protetto. Prima di Rosalia Messina Denaro, arrestata per associazione mafiosa, in manette è finita  già una schiera di fiancheggiatori. Il Ros spiega che l’ultimo arresto “costituisce la prosecuzione dell’indagine che lo scorso 16 gennaio ha consentito di catturare a Palermo il latitante Matteo Messina Denaro, fratello dell’indagata”, e di trarre in arresto nella flagranza di reato, lo stesso giorno, il suo accompagnatore-autista, il commerciante d’olive Giovanni Luppino, per procurata inosservanza di pena e favoreggiamento aggravati dalle modalità mafiose; Andrea Bonafede, 59 anni, che gli ha prestato la sua identità, per partecipazione ad associazione mafiosa; il medico di base Alfonso Tumbarello per concorso esterno in associazione mafiosa ed altri reati pure aggravati dalle modalità mafiose; Andrea Bonafede, 54 anni, il ‘postino delle ricette’, cugino omonimo dell’alias dell’ex latitante, per procurata inosservanza di pena e favoreggiamento aggravati dalle modalità mafiose.

Ma la mafia trapanese e Matteo Messina Denaro avevano “moltissimi interessi” nel mondo della sanità. Ne è certo Fulvio Manno, manager dell’Azienda sanitaria di Trapani da fine 2002 ad aprile 2005. “alcuni di questi interessi sono stati da me individuati e stroncati“, Ricorda un episodio del 2003: “in occasione di una mia presenza per lavoro presso l’ospedale di Castelvetrano, un primario mi illustrò che un gruppo di privati stavano realizzando un grosso centro sanitario, quasi completato, e aggiunse che avrebbe avuto il piacere di farlo visitare anche se ancora privo delle attrezzature sanitarie. Ci recammo presso questa struttura, già realizzata e poco distante dall’ospedale. Arrivati scesi ed entrai subito. A distanza di qualche minuto il medico entrò accompagnato da un’altra persona che rispose che sapeva perfettamente chi fossi a questo punto ho dato la mano dicendo piacere Fulvio Manno e la risposta è stata: Messina Denaro. Dopo qualche minuto con lo scambio di frasi di rito andò via ed a questo punto dissi al medico, con tono molto alterato, che non si doveva permettere questa presentazione. La giustificazione è stata che non era il latitante Matteo, ma il fratello, Salvatore Messina Denaro persona perbene che non era ricercato. Come è noto l’anno successivo è stato arrestato ed ha scontato 16 anni di carcere. Ripensando all’episodio faccio due considerazioni: la prima che nei capitali per costruire e gestire la struttura potevano allocarsi proventi mafiosi e criminali, la seconda che l’incontro anziché casuale fosse stato preordinato per valutare la mia reazione e, quindi, verificare se fossi stato ‘disponibile’ a essere avvicinato”.

E, nel 2004, rivendica Manno, la scelta di licenziare il dirigente medico Ignazio Melodia, “U Dutturi”, condannato a 11 anni come capo della mafia di Alcamo: “nessuna solidarietà o messaggi di vicinanza né dal mondo della politica né dalla società civile in occasione del licenziamento, sottolineo discrezionale per mia esclusiva decisione. Come hanno accertato i carabinieri l’ospedale di Alcamo era gestito non dall’Azienda sanitaria ma da questo gruppo di malavitosi collegati al clan mafioso dei Melodia”.

E “in occasione delle successive minacce ricevute – accusa l’ex manager – non ho ricevuto quasi nessuna dimostrazione di vicinanza“. Minacce, lettere anonime diffamatorie, “ostacoli anche da una parte delle istituzioni e un altro fatto gravissimo di cui – prosegue – mi sono reso conto subito: un falso dossier per creare dei collegamenti con la mafia del trapanese. Per mia fortuna ho avuto la possibilità di mettere assieme alcuni pezzi di un puzzle e ho subito redatto un lungo e articolato esposto con nomi e fatti per la procura di Trapani“. Nel 2002 l’Azienda di Trapani “era quella che spendeva più di tutte le altre in Sicilia. Dopo la ‘cura Manno’ divenne nel 2004 la migliore, cioè quella che spendeva meno levando il primato all’Azienda di Ragusa, storicamente virtuosa”.

Poi è arrivata l’esperienza come direttore generale proprio dell’Azienda sanitaria di Ragusa sino ad agosto 2005: “molto positiva. Una provincia sana, innovativa e apripista in Sicilia come il cambio delle priorità per le gli esami e le visite specialistiche da ‘prioritario temporale’ cioè chi prima prenota prima ha diritto alla prestazione, a ‘prioritario clinico’ cioè la priorità di ricevere la prestazione è determinata dallo stato di salute e, quindi, dall’urgenza di ricevere la prestazione stessa. Il sistema poi è stato adottato in tutta la Sicilia ed in tutta Italia”.

Per il lavoro svolto a Trapani, “per l’impegno per riportare la legalità, per la lotta alla mafia ed al malaffare all’interno dell’Azienda sanitaria non ho avuto alcun riconoscimento, anzi mi sono fatto diversi nemici. Solamente nel 2017 – conclude Manno – ho avuto la mia prima soddisfazione con l’invito fattomi da Massimo Giletti a partecipare su Rai Uno al programma L’Arena del 16 aprile per raccontare il licenziamento del capomafia di Alcamo. A conclusione Giletti mi chiese cosa facessi. La mia risposta è stata: ‘Passeggio il cane e gioco a bridge’. Il conduttore a questo punto ha lanciato un invito ai politici dicendo: ‘Dovete utilizzare uno come il dottor Manno non lo potete lasciare in panchina a non fare nulla’. Ovviamente non sono stato cercato da nessuno politico. Lo stesso anno sono stato invitato a Calvi Risorta in provincia di Caserta dove mi è stato assegnato il premio antimafia ‘Legalità e Sicurezza’. In Sicilia l’unico riconoscimento è stato nel 2018 con l’assegnazione del premio antimafia ‘Salvatore Carnevale’ a Galati Mamertino da parte della Fondazione Socialista Carmelo Battaglia presieduta da Antonio Matasso. Per il resto nulla, ma, comunque, con la grande soddisfazione di avere dato un piccolo contributo per il riscatto e il miglioramento della nostra terra”.


© Riproduzione riservata - Termini e Condizioni
Stampa Articolo


© Riproduzione riservata - Termini e Condizioni