fbpx

In tendenza

Messina Denaro, il gip di Palermo: “la normale esistenza era affidata ai Bonafede”

Il boss si recava nell'abitazione della coppia, dove "consumava abitualmente i pasti principali ed alla quale poteva accedere ed allontanarsi anche grazie alla vigilanza preventiva che costoro effettuavano sulla pubblica via per verificare l'eventuale presenza delle forze dell'ordine o di altre persone"

Messina Denaro a casa della coppia. Foto Ansa

Matteo Messina Denaro ha condotto una “normale esistenza senza neppure nascondersi troppo, ma anzi palesando a tutti il suo viso riconoscibile (per i tantissimi che lo avevano conosciuto personalmente), nonché, a tanti, persino la sua identità, addirittura affidando la tutela della sua latitanza, come pure oggi sappiamo, al nucleo familiare dei Bonafede di Campobello di Mazara”. Lo scrive il gip di Palermo, Alfredo Montalto, nell’ordinanza che ha disposto l’arresto a Campobello di Mazara dei coniugi Emanuele Bonafede e Lorena Lanceri, indicati quali favoreggiatori della latitanza del capomafia di Castelvetrano.

Il provvedimento sottolinea come le indagini dalle quali scaturisce quest’ultima richiesta d’arresto da parte della procura riguardo alla coppia, già dopo la cattura di Messina Denaro si sono indirizzate, innanzitutto, verso coloro che, quanto meno nel periodo più recente caratterizzato dalla grave patologia di cui il latitante è risultato affetto, sono stati più vicini a Messina Denaro Matteo, “prestandogli i supporti necessari per l’ulteriore prosecuzione dello stato di latitanza e, quindi, anche per il mantenimento del riconosciutogli ruolo direttivo ricoperto nell’ambito dell’associazione mafiosa”. Ed è stato, quindi, per primo individuato Andrea Bonafede, classe 1963, cui era risultata intestata la carta d’identità utilizzata dal latitante ancora al momento del suo arresto, nei confronti del quale è stata successivamente emessa, il 23 gennaio, la misura cautelare in carcere per il reato di partecipazione all’associazione mafiosa “cosa nostra”. Le indagini si sono, poi, indirizzate nei confronti di Alfonso Tumbarello, medico che risultava avere seguito il percorso terapeutico di Messina Denaro con la falsa identità di Andrea Bonafede, classe 1963, nonché nei confronti del cugino omonimo di quest’ultimo, classe 1969 (arrestato il 7 febbraio).

Infine, muovendo anche dall’esame di alcune registrazioni di impianti di videosorveglianza, è stato possibile individuare anche gli attuali indagati “quali soggetti abitualmente frequentati da Messina Denaro”. Il boss si recava nell’abitazione di via Mare di Campobello di Mazara della coppia, dove “consumava abitualmente i pasti principali ed alla quale poteva accedere ed allontanarsi sottraendosi ai servizi di osservazione della polizia giudiziaria anche grazie alla vigilanza preventiva che costoro effettuavano sulla pubblica via per verificare l’eventuale presenza delle forze dell’ordine o di altre persone“, così, in definitiva, fornendo a Messina Denaro “prolungata assistenza finalizzata al soddisfacimento delle sue esigenze personali ed al mantenimento dello stato di latitanza”.

Emanuele Bonafede  è il fratello di Andrea Bonafede, considerato il ‘postino delle ricette ed è cugino di un altro Andrea Bonafede, ‘il geometra’ che ha permesso al padrino di essere curato e di essere invisibile. Un nucleo familiare “facente capo a quel Leonardo Bonafede (soltanto recentemente deceduto) da lunghissimo tempo ben noto alle forze dell’ordine, non solo come reggente della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, proprio per la sua trascorsa frequentazione e amicizia (anche per ragioni di solidarietà criminale) con il padre di Matteo Messina Denaro, Francesco Messina Denaro, cui era affidata, la tutela della latitanza del medesimo Matteo Messina Denaro al fine di consentirgli di svolgere appieno il ruolo di capo indiscusso di Cosa nostra nella provincia di Trapani”.


© Riproduzione riservata - Termini e Condizioni
Stampa Articolo


© Riproduzione riservata - Termini e Condizioni