Non era lo scafista dell’imbarcazione che trasportò a Lampedusa quindici migranti, provocando la morte di altri tre, ma – al contrario – ha salvato tutti gli occupanti del mezzo, arrivati sani e salvi, mettendosi alla guida del natante rimasto senza capitano dopo che l’uomo che era al timone era finito in acqua in seguito a una collisione.
Il giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Agrigento, Francesco Provenzano, ha assolto un 23enne sudanese – Ahmed Ghazi Abdelaziz – accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e morte come conseguenza di altro reato.
L’arresto del 23enne era scattato in seguito allo sbarco a Lampedusa avvenuto il 13 febbraio dell’anno scorso. Alcuni superstiti avevano indicato tre persone fra cui l’imputato, indicato come secondo guidatore della barca, il precedente “capitano” e un uomo che avrebbe collaborato quest’ultimo nel rifornimento di carburante. Le strade processuali si sono poi divise e gli ultimi due imputati sono stati assolti, dai giudici della seconda sezione penale, dopo avere dimostrato di essere stati minacciati dai trafficanti libici per guidare il mezzo fino a Lampedusa. Diverso il caso di Abdelaziz: il difensore, l’avvocato Gianluca Camilleri, ha sostenuto che il giovane si era messo alla guida dopo che c’era stata una collisione con un peschereccio tunisino che aveva fatto finire in mare alcuni migranti, tre dei quali morti, e lo stesso capitano dell’imbarcazione. Il primo guidatore, dopo l’incidente, non sarebbe stato più nelle condizioni di continuare la traversata. Il sudanese, quindi, non solo non sarebbe stato uno scafista ma il suo intervento avrebbe salvato la vita agli altri migranti che, se nessuno si fosse messo alla guida, sarebbero rimasti in alto mare con un mezzo disastrato. Il giovane, che era detenuto al carcere di Gela, è stato subito scarcerato.
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