Il padre si era opposto alla relazione tra la figlia e un giovane, che aveva reagito sparandogli: oggi Alessandro Sammarco è stato condannato a 23 anni e 10 mesi per l’omicidio del mancato suocero, Natale Caravello. La sentenza è della seconda sezione della corte d’assise di Palermo. Il collegio presieduto da Vincenzo Terranova non ha accolto la tesi della Procura, che aveva chiesto una serie di aggravanti, puntando all’ergastolo. Il difensore, l’avvocato Corrado Sinatra, ha battuto invece sulla giovanissima età dell’imputato, oggi ventunenne e che, quando uccise, il 10 marzo dell’anno scorso, era appena ventenne. Sammarco, nipote di un boss, Giuseppe Bronte, ha tra l’altro reso un’ampia confessione sul delitto, vittima il quarantaseienne Caravello, dipendente, in qualità di giardiniere, della società comunale Reset.
La difesa si era spinta a invocare la «legittima difesa putativa»: il ragazzo avrebbe cioè andato in giro armato per prevenire aggressioni da parte della vittima. Questa tesi però non è passata, la condanna resta severa ma non è la massima pena.
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