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Zio e nipote condannati a 18 anni per un omicidio alla Vucciria

Caduta la premeditazione, i giudici hanno ritenuto di poter concedere lo sconto di pena di un terzo previsto per il rito abbreviato

La prima sezione della corte d’assise di Palermo ha condannato a 18 anni ciascuno Giovan Battista e Matteo Romano, zio e nipote, assolvendo il terzo imputato, Domenico Romano: sono tutti accusati dell’omicidio di Emanuele Burgio, ucciso nel popolare quartiere mercato della Vucciria, il 31 maggio del 2021. Il collegio presieduto da Sergio Gulotta, a latere Monica Sammartino, ha accolto solo in parte le tesi della procura, ritenendo insussistenti le aggravanti della premeditazione e del metodo mafioso, che avevano portato il pm Giovanni Antoci a chiedere l’ergastolo per tutti e tre.

Caduta la premeditazione, i giudici hanno ritenuto di poter concedere lo sconto di pena di un terzo previsto per il rito abbreviato: gli imputati, originari e residenti nel quartiere del Borgo Vecchio, difesi dagli avvocati Giovanni Castronovo, Vincenzo Giambruno e Raffaele Bonsignore, lo avevano chiesto all’udienza preliminare, ma non era stato loro concesso perché c’era appunto l’aggravante che elevava la pena possibile all’ergastolo, precludendo l’accesso al rito speciale. Il delitto avvenuto in via dei Cassari, così, secondo la tesi dei giudici, fu estemporaneo e non condizionato dall’appartenenza di vittima e assassini a un contesto familiare di alta mafia: sebbene i due gruppi fossero interessati entrambi a traffici di droga, l’omicidio fu legato a una banale lite per questioni di incidenti stradali. Domenico Romano, fratello di Matteo e padre di Giovan Battista, è stato subito rimesso in libertà.


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