La prima sezione della corte d’Assise di Palermo ha condannato a due anni per il reato di rissa Filippo Mulè, assolvendolo però dall’accusa più grave, quella di omicidio, per la quale il pm aveva chiesto 23 anni di carcere. Mulè è uno dei giovani di Camporeale (Palermo) che, di fronte a una discoteca di Terrasini (Palermo), parteciparono alla zuffa che si concluse con la morte di Paolo La Rosa, 20 anni, assassinato a coltellate nel febbraio 2020, quando quando aveva solo 20 anni. In un altro dibattimento è stato condannato a 22 anni Pietro Alberto Mulè, cugino di Filippo. La Rosa, secondo il collegio presieduto da Sergio Gullotta, che ha accolto le tesi dell’avvocato Raffaele Bonsignore, sarebbe stato ucciso soltanto da Pietro Alberto e non anche da Filippo Mulè. La vicenda era stata ricostruita molto faticosamente, grazie a testimonianze e riprese video delle telecamere di sicurezza del locale: la vittima era di Cinisi (Palermo) e la madre, Anna Zerbo, assieme al marito Carlo La Rosa e all’altro figlio, Marcello, aveva più volte sollecitato verità e giustizia completa sulla tragica e terribile fine del ventenne.
L’imputato oggi è stato comunque condannato al risarcimento del danno nei confronti sia dei familiari di Paolo La Rosa che di altre parti civili, tra cui i Comuni di Terrasini e Cinisi.
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