Nella stanzetta che gli aveva preparato ha lasciato tutto: il lettino, i giochi, i vestitini come se temesse di spezzare l’ultimo filo che lo lega a lei.
Alessandra Teresi, medico rianimatore del 118, l’ha amato come un figlio da quando l’ha visto, minuscolo, infagottato, in braccio a una delle profughe che viaggiava con lui su un barcone partito dalla Tunisia e diretto a Lampedusa.
La madre è caduta in mare ed è annegata durante la traversata, il padre è rimasto in Tunisia e Christmail, piccolo migrante africano, a turno è stato accudito dalle donne della barca. Sei mesi, originario della Costa D’Avorio, il piccolo ha trovato in Alessandra, suo marito e suo figlio di 14 anni una famiglia.
Il tribunale per i minorenni, anche grazie al consenso del padre del piccolo contattato dalla dottoressa, acconsente.
Alessandra sa bene che si tratta di un affido temporaneo e che Christmail non resterà con lei per sempre. Ma dopo una settimana dall’arrivo del piccolo la chiama la polizia. “Mi dicono – racconta – di andare in tribunale col bambino perchè servivano alcuni documenti e alcuni dati. Io vado e prima ci tengono in una stanza con tre agenti e il responsabile di una casa-famiglia, poi mi comunicano che il giudice ha revocato l’affido e che devo restituire il bimbo che sarà mandato in una struttura protetta”.
Nessuna spiegazione, nessun cenno al motivo della revoca dell’affidamento. Ad Alessandra la polizia si limita a parlare di errori nella procedura di affido. Il tribunale per i minorenni sottolinea invece di non potere rilasciare dichiarazioni. “Noi sapevamo benissimo che era una situazione temporanea e che non sarebbe rimasto con noi – spiega la dottoressa Teresi – Tanto che io stessa ho favorito l’arrivo del genitore offrendogli una casa e un lavoro. Il nostro unico obiettivo era quello di ricongiungere Christmail con il padre e di fornire loro ogni assistenza possibile”.
La famiglia non ha più avuto notizie del piccolo. “Non ci vogliono dire dove è, né ce lo fanno vedere. Noi vogliamo solo quel che è meglio per lui, ma certo una casa vera, almeno fin quando rivedrà suo padre, è meglio di un orfanatrofio”. (Ansa.it)
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