Si apre lunedì 9 ottobre dinanzi alla Seconda sezione della Corte d’appello di Palermo, il processo di secondo grado a carico di Pietro Morreale, 21 anni accusato dell’omicidio di Roberta Siragusa. Morreale in primo grado è stato condannato dalla Corte d’assise di Palermo, all’ergastolo per il delitto dell’ex fidanzata, che aveva 17 anni, avvenuto a Caccamo, nel Palermitano, tra il 23 ed il 24 gennaio del 2021. La ragazza, secondo quanto emerso dalle perizie, era stata tramortita con più colpi alla testa e al viso e poi data alle fiamme vicino al campo sportivo del piccolo centro.
L’imputato avrebbe spostato il corpo in parte carbonizzato e che aveva bruciato per diversi minuti, gettandolo in un dirupo a Monte San Calogero, dove era stato trovato la mattina del 24 gennaio 2021, su indicazioni dello stesso Morreale. Quanto avvenuto vicino al campo sportivo era stato ripreso dalle telecamere di videosorveglianza e il giovane aveva raccontato che, dopo una serata con alcuni amici, si erano appartati ed era scoppiato un litigio al culmine del quale, secondo la versione dell’imputato, la ragazza si sarebbe data fuoco.
Nei motivi d’appello il difensore di Morreale, avvocato Gaetano Giunta, contesta l’aggravante della premeditazione e il movente della gelosia. Per la difesa dallo scambio di messaggi in chat della vittima ed un altro ragazzo emergerebbe che l’imputato non aveva mai avuto atteggiamenti violenti o possessivi. Quanto alla premeditazione, per la difesa, la sera del delitto, in piena pandemia e con Caccamo dichiarata zona rossa, sarebbe stata la vittima ad insistere per uscire e andare a casa di amici. Pertanto, la specifica circostanza aggravata, sulla quale si gioca la condanna all’ergastolo, deve essere esclusa. Per l’accusa la premeditazione sarebbe comprovata dalla circostanza che Morreale da giorni, avesse nella sua auto una bottiglia contenente benzina. I familiari di Roberta Siragusa sono assistiti dagli avvocati Sergio Burgio, Giuseppe Canzone, Giovanni Castronovo e Simona La Verde.
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