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La figlia dell’amante di Messina Denaro al Gip: “da bambina gli ho voluto bene. Ma ho sbagliato”

La donna è accusata di aver fatto parte della ristretta rete di fiancheggiatori del boss Matteo Messina Denaro

Si è avvalsa della facoltà di non rispondere Martina Gentile, la figlia di Laura Bonafede, presunta amante del boss Matteo Messina Denaro, davanti al gip Alfredo Montalto. Ma in sede di interrogatorio di garanzia, dopo l’arresto per favoreggiamento aggravato e procurata inosservanza della pena, la giovane ha comunque voluto rilasciare dichiarazioni spontanee.

“Da bambina gli ho voluto bene. Ma ora ho capito di aver sbagliato”, ha sostenuto l’indagata rivolgendosi al gip. Martina Gentile, 33 anni, è stata posta agli arresti domiciliari perché madre di una bimba di 3 anni.

L’interrogatorio si è svolto nei locali del commissariato della Polizia di Stato, a Mazara del Vallo.

Al momento della notifica del provvedimento, il 5 dicembre scorso, Martina Gentile si trovava nell’isola di Pantelleria per una supplenza. E’ accusata – secondo le indagini dei magistrati della Dda di Palermo, il procuratore Maurizio de Lucia, l’aggiunto Paolo Guido e i sostituti Gianluca De Leo e Pierangelo Padova – di aver fatto parte della ristretta rete di fiancheggiatori del boss Matteo Messina Denaro, in particolare contribuendo alla distribuzione dei “pizzini” del boss, in alcuni casi passeggiando per le vie di Campobello di Mazara, spingendo il passeggiano con bimba al seguito.

Quest’ultimo aveva speso parole di apprezzamento per la ragazza – chiamata in codice Tan – che in un necrologio aveva pubblicamente scritto: “onorata di appartenerti” (rivolgendosi all’anziano nonno e boss, Leonardo Bonafede). Per i pubblici ministri Martina Gentile è stata quindi “uno degli ingranaggi indispensabili del sistema di comunicazione – hanno sostenuto nella richiesta accolta dal gip – ingegnato dal latitante, grazie al quale questi ha anche potuto mantenere l’indispensabile sponda di Laura Bonafede nella condivisione e gestione delle strategie mafiose sul territorio di Campobello di Mazara”.


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