fbpx

In tendenza

Carenza di magistrati in Dda. Il Pm Bono: “accorpare le Procure piccole”

"Occorrerebbe chiudere le procure piccole e destinare il personale magistratuale e amministrativo agli uffici di dimensioni medie e grandi"

“La carenza di magistrati nelle procure antimafia può essere fronteggiata accorpando le piccole procure”. È la proposta del magistrato Gaetano Bono, sostituto procuratore generale a Caltanissetta, emersa nel corso della presentazione del suo libro “Meglio Separate – Un’inedita prospettiva sulla separazione delle carriere in magistratura” ad Avola. All’evento hanno preso parte il sostituto procuratore generale di Catania Tony Nicastro, la professoressa Grazia Maria Schirinà (presidente dell’associazione) e Umberto Confalonieri. Nel corso del dibattito si è affrontato il tema della separazione delle carriere ma anche gli altri argomenti toccati dal libro.

In particolare Bono è entrato nel merito del grido d’allarme sulle carenze di organico lanciato dal CSM e dai procuratori antimafia nei giorni scorsi. “Il rischio ridimensionamento delle DDA, che è reale – ha dichiarato Bono – non può essere risolto solo con l’innesto dei magistrati di prima nomina, ma occorrerebbe chiudere le procure piccole e destinare il personale magistratuale e amministrativo agli uffici di dimensioni medie e grandi. Ne gioverebbe l’efficienza dell’azione delle procure, che potrebbero meglio fronteggiare le ataviche scoperture di organico, in attesa che la politica destini le risorse necessarie a colmare i circa 1500 posti mancanti su 10633 previsti dalla legge”. Allargando lo sguardo sulla riforma della giustizia, Bono ha ribadito che essa “dovrebbe mirare a rendere più efficiente non solo l’azione dei pubblici ministeri, ma l’intero comparto giustizia, attraverso la riduzione del flusso di entrata dei procedimenti penali e civili, la rimodulazione delle procure, l’informatizzazione e la digitalizzazione”.

Bono ha inoltre precisato che “sarebbe un vero peccato rinunciare all’opportunità di fare una separazione delle carriere che, mantenendo la cultura della giurisdizione del Pm e invertendo l’attuale tendenza alla gerarchizzazione delle persone, darebbe completa attuazione al disegno costituzionale che vede la magistratura come potere diffuso. Se nessuno dubita che questo valga per i giudici, lo stesso non può dirsi per i pubblici ministeri. E allora ben venga una riforma che lo stabilisca in maniera netta, perché una magistratura requirente autonoma e indipendente rende tale anche la magistratura giudicante, perché sono i pubblici ministeri che danno avvio e impulso ai processi, con la conseguenza che i giudici non potrebbero concretamente esercitare quel potere diffuso che l’ordinamento riconosce loro, se non ci fosse l’iniziativa dei pubblici ministeri. Tuttavia se la separazione delle carriere comportasse una limitazione all’indipendenza della magistratura, allora meglio tenersi il sistema attuale”.


© Riproduzione riservata - Termini e Condizioni
Stampa Articolo


© Riproduzione riservata - Termini e Condizioni