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Una nuova Cosa Nostra: 1 assolto e 5 condanne confermate

La terza sezione della Corte d'appello di Palermo ha confermato le condanne di cinque dei sei imputati del processo Cupola 2.0, assolvendo il costruttore Pietro Lo Sicco, che si trovava agli arresti domiciliari e che è stato immediatamente rimesso in libertà

La terza sezione della Corte d’appello di Palermo ha confermato le condanne di cinque dei sei imputati del processo Cupola 2.0, assolvendo il costruttore Pietro Lo Sicco, che si trovava agli arresti domiciliari e che è stato immediatamente rimesso in libertà.

L’imprenditore in primo grado aveva avuto dieci anni, con l’ipotesi di concorso esterno in associazione mafiosa, ma il collegio presieduto da Dario Gallo lo ha ritenuto estraneo al contesto manovrato da alcuni boss che, dopo la morte di Totò Riina, avevano avviato la ricostituzione della moderna Cupola, il vertice dell’organizzazione mafiosa a Palermo e in provincia. Condannati invece gli altri imputati, alle stesse pene che avevano avuto in primo grado: 18 anni sono stati inflitti a Pietro Merendino, originario di Misilmeri (Palermo); 17 a Stefano Polizzi, che è di Bolognetta (Palermo); 12 anni e mezzo a Francesco Antonino Fumuso, di Villabate (Palermo); Simone La Barbera, di Mezzojuso (Palermo) ha avuto 3 anni e otto mesi; infine Giusto Amodeo 3 anni e 4 mesi. Saranno risarcite le parti civili, tra cui dieci vittime delle estorsioni e le associazioni Addiopizzo, Sos Impresa, Solidaria, Confcommercio, Sicindustria, Centro studi Pio La Torre, Confartigianato, oltre ai Comuni di Misilmeri e Villabate. Il processo era stato definito per la maggior parte degli imputati col rito abbreviato: l’anziano patriarca di Pagliarelli, Settimo Mineo, era stato designato come nuovo capo dell’associazione criminale ma i carabinieri erano arrivati poco dopo il summit del maggio 2018, in cui era stato costituito il nuovo organigramma mafioso.

Gli arresti del dicembre di cinque anni fa avevano stroncato il tentativo (il secondo, dopo quello del 2008) di dare un vertice che avrebbe potuto riunificare e rafforzare Cosa nostra, dopo gli anni delle incertezze e dell’attesa di aprire la successione di Riina, detenuto dal 1993 fino alla morte, avvenuta il 17 novembre 2017.


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