L’ex deputato ed ex assessore regionale siciliano Francesco Cascio è stato risarcito con 30 mila euro per avere trascorso ingiustamente 14 giorni agli arresti domiciliari, nell’ambito di un’inchiesta – poi archiviata – della Procura di Trapani che, nel 2019, lo aveva visto indagato per favoreggiamento personale nei confronti dell’ex parlamentare trapanese Giovanni Lo Sciuto. Il provvedimento è della prima sezione della Corte d’appello di Palermo, presieduta da Mario Conte, che ha accolto l’istanza di riparazione per ingiusta detenzione presentata dagli avvocati Enrico Sanseverino e Roberto Mangano. Cascio, dopo essere stato lanciato per alcuni giorni dal centrodestra come candidato sindaco di Palermo, nel 2022, aveva fatto un passo indietro a favore di Roberto Lagalla, poi eletto: e questo anche se, proprio in quei giorni di maggio di due anni fa, era stata decisa l’archiviazione dell’inchiesta a suo carico. In ogni caso l’ex politico era definitivamente tornato alla professione di medico dell’Asp 6 del capoluogo siciliano.
Nell’indagine, denominata Artemisia, gli era stato attribuito un ruolo di agevolazione nei confronti di Lo Sciuto, ritenuto al centro di affari e interessi illeciti relativi a una loggia massonica: in particolare, Cascio avrebbe informato il collega ex deputato di indagini e intercettazioni a suo carico. Il provvedimento cautelare era stato annullato dal tribunale del riesame di Palermo, che aveva pure ritenuto competente la magistratura del capoluogo siciliano. Tre anni dopo il Gip del tribunale palermitano Fabio Pilato aveva ritenuto del tutto insussistenti le accuse a carico del medico. Decisiva una conversazione intercettata in cui Lo Sciuto si lamentava del fatto che il collega (passato da Forza Italia all’Ncd di Angelino Alfano e poi di nuovo a FI) non lo avesse informato di intercettazioni che lo riguardavano, “pur essendone a conoscenza da oltre tre mesi”. Rileva adesso il presidente-relatore della Corte d’appello, Mario Conte, nell’accogliere la domanda di riparazione per l’ingiusta detenzione che Lo Sciuto si era lasciato sfuggire un’espressione offensiva nei confronti di Cascio. Che però era rimasto ai domiciliari dal 21 marzo al 5 aprile di cinque anni fa. Nell’ordinanza della corte d’appello i giudici (consiglieri a latere Luisa Anna Cattina e Riccardo Trombetta) ritengono che, oltre alle sofferenze patite e al clamore mediatico, Cascio non abbia “dato causa” alla misura cautelare nei suoi confronti e che soprattutto abbia subito “discredito e conseguenze personali e familiari” per effetto “della privazione della libertà”. La somma di 30 mila euro è disancorata da rigidi criteri aritmetici e commisurata dunque a questi fattori, venendo liquidata in via equitativa.
© Riproduzione riservata - Termini e Condizioni
Stampa Articolo
© Riproduzione riservata - Termini e Condizioni