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Il liceo Santi Savarino resterà intitolato al giornalista che aderì alle leggi razziali

Non a Rita Levi Montalcini, come richiesto dal collegio dei docenti, o a Peppino Impastato, come chiedeva un comitato cittadino

Il liceo Santi Savarino di Partinico, nel Palermitano, resterà intitolato al giornalista che aderì alle leggi razziali e non a Rita Levi Montalcini, come richiesto dal collegio dei docenti, o a Peppino Impastato, come chiedeva un comitato cittadino. La giunta comunale, si legge nella delibera del 12 gennaio, ha “ritenuto dovere confermare l’attuale intitolazione anche nella considerazione che ciascun comune deve lasciare alle nuove generazioni la memoria dei propri cittadini e delle personalità del territorio che si sono distinte per impegni sociali, scientifici culturali e per impegno politico”.

Per l’amministrazione comunale, Santi Savarino “cittadino di Partinico, giornalista, scrittore e commediografo, Senatore della Repubblica dal 1953 al 1958 e componente delle Commissioni permanenti al Senato Affari esteri e colonie e Vigilanza sulla radiodiffusioni con il suo operato politico e culturale si colloca fra le alte personalità cui Partinico ha dato i natali, al quale anche la città di Roma ha intitolato una via cittadina e un istituto scolastico”. Savarino, in realtà, dopo aver aderito alle leggi razziali, nei 45 giorni dalla caduta di Mussolini e l’armstizio del settembre 1943 si vide affidare dal maresciallo Badoglio la direzione dell’Ente Stampa: “Fin dal primo giorno del nuovo governo – scrive Giuseppe Mayda su La Stampa del 1994 riferendosi alle rivelazioni della rivista Problemi dell’informazione edita dal Mulino – l’Ente Stampa rovesciò su giornali e periodici raffiche minacciose di ‘veline’ (già quella del 26 luglio, dopo aver ordinato perentoriamente ‘Ognuno al suo posto. Il lavoro continua. Viva l’Italia’, annunciava il sequestro di quei quotidiani che avessero pubblicato ‘notizie non autorizzate’) con un preciso obiettivo strategico: distogliere i giornali dai temi più sentiti dall’opinione pubblica – come il pacifismo, il ìl rancore verso il regime di Mussolini e i suoi gerarchi, gli umori antitedeschi, le critiche alla monarchia, l’azione politica dei partiti antifascisti – spingendoli invece a un’opera di propaganda che rafforzasse il prestigio dell’esercito, della Corona e del governo”.

Il nome di Savarino, che diresse Il Giornale d’Italia, fu fatto da Girolamo Li Causi in parlamento nell’otobre del 1952, quando il segretario del Pci siciliano esibì una lettera a firma autografa e su carta intestata del giornalista indirizzata al mafioso Frank Coppola: “Siamo di Partinico – recitava la lettera – e ci comprendiamo benissimo. Disponga di me”.


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