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Mafia, tre secoli di carcere a 24 imputati del clan “Porta nuova”

Il mandamento colpito dall'inchiesta dei carabinieri, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia, è quello di Porta Nuova, capeggiato da Tommaso e Calogero Lo Presti, condannati rispettivamente a 20 e 16 anni

Il Gup del tribunale di Palermo Cristina Lo Bue ha condannato a circa tre secoli di carcere 24 imputati del processo di mafia denominato “Vento”, assolvendo altre quattro persone. Nel giudizio, celebrato col rito abbreviato e dunque con pene ridotte automaticamente di un terzo, erano costituiti parte civile, con il sostegno e l’assistenza legale dell’associazione Addiopizzo, gli stessi operai che avevano ricevuto e subito le richieste di pizzo indirizzate al titolare della loro impresa. Il mandamento colpito dall’inchiesta dei carabinieri, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia, è quello di Porta Nuova, capeggiato da Tommaso e Calogero Lo Presti, condannati rispettivamente a 20 e 16 anni.

I pm Giovanni Antoci, Luisa Bettiol e Gaspare Spedale avevano chiesto pesanti condanne e le hanno in gran parte ottenute: oltre ai Lo Presti sono stati condannati Filippo Burgio, Andrea Damiano, Nicolò Di Michele, Giuseppe Giunta e Roberto Verdone a 20 anni a testa; Antonino Ventimiglia a 18 anni e mezzo; Salvatore Incontrera a 18 e 4 mesi; Leonardo Marino e Gaetano Verdone 17 e 9 mesi a testa; Antonino Stassi a 17 e 3 mesi; Domenico Lo Iacono e Salvatore Di Giovanni a 14 anni ciascuno; Giuseppe D’Angelo a 13; Gioacchino Pispicia 12 anni e 10 mesi; Maria Carmelina Massa e Antonino Fardella a 12 anni e 8 mesi ciascuno; Massimiliano D’Alba a 12; Vito Lo Giudice 7 anni e 10 mesi; Antonino Bologna a 7 anni e 4 mesi; Francesco Cerniglia 4 anni e 8 mesi, Antonino Talluto 4 anni e 4 mesi; Francesco Domina 3 anni e 4 mesi. Gli assolti sono Giorgio Stassi, Gaetano, Francesco e Marco Verdone (tutti difesi dall’avvocato Michele Rubino) e Gioacchino Fardella (avvocato Silvana Tortorici). “Un fatto senza precedenti – commenta in una nota il comitato Addiopizzo – dato che per la prima volta in giudizio oltre al titolare dell’impresa edile c’erano anche i suoi lavoratori, destinatari di intimidazioni prontamente denunciate”.


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