La prima sezione della corte d’assise di Palermo ha condannato a 24 anni Giuseppe La Corte, il settantasettenne che il 10 maggio scorso, nel capoluogo siciliano, assassinò il proprio inquilino, Aleandro Guadagna, “reo” di non pagargli regolarmente l’affitto. Secondo l’accusa, che aveva chiesto l’ergastolo, La Corte agì con premeditazione e per futili motivi: il collegio presieduto da Sergio Gulotta ha escluso invece la seconda aggravante e applicato il criterio dell’equivalenza con le attenuanti generiche per quel che riguarda la premeditazione.
La difesa, rappresentata dagli avvocati Vincenzo Zummo, Emanuele Settimo Zummo e Luigi Sanniu, farà comunque appello anche per escludere l’unica aggravante rimasta in piedi. Probabile che facciano ricorso, per ottenere una pena superiore, pure i pm Giorgia Righi e Ludovica D’Alessio, del pool coordinato dal procuratore aggiunto Ennio Petrigni.
L’omicidio avvenne nei pressi dell’abitazione che La Corte aveva affittato a Guadagna, 31 anni e padre di quattro figli, in via Mulino, nella frazione collinare di Boccadifalco, a Palermo: il pensionato attese l’inquilino e, dopo una breve discussione, gli sparò col fucile che si era portato appresso. Lui, arrestato poco dopo, ammise i fatti, sostenendo però di non essere andato per uccidere ma per discutere, alle primissime ore del mattino. Il fucile, sempre secondo la tesi dell’imputato, se lo sarebbe portato dietro per la paura di essere aggredito, cosa che si sarebbe verificata quel mattino di dieci mesi fa. Tesi a cui i giudici non hanno creduto, eliminando però l’aggravante che avrebbe fatto scattare la massima pena.
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