Diceva di essere rovinato, Paolo Cocco: in un colloquio con la moglie, intercettato dai carabinieri, parlava del proprio possibile coinvolgimento “in un omicidio” e l’allora giovane indagato era finito in carcere per il delitto Fragalà. Dopo tre anni in cella però era arrivata l’assoluzione e ora la Cassazione ha confermato che lo Stato dovrà risarcirlo con 300 mila euro per l’ingiusta detenzione patita. La sentenza della Suprema Corte ha rigettato il ricorso della Procura generale, ribadendo la decisione della Corte d’appello di Palermo, che aveva disposto la “riparazione” (tecnicamente si chiama così) nei confronti di Cocco, arrestato all’età di 29 anni, nel 2017, col pesantissimo sospetto di essere stato l’esecutore materiale dell’aggressione al noto avvocato palermitano Enzo Fragalà. Il penalista venne ferito a morte, a colpi di bastone, il 23 febbraio 2010 e spirò tre giorni dopo in ospedale: secondo la ricostruzione della Dda, che si basava anche sulle testimonianze di un pentito, Francesco Chiarello, Cocco sarebbe stato nel commando che avrebbe dovuto solo “dare una lezione” a Fragalà, ma che aveva poi finito con l’ucciderlo. Prova regina sarebbe stata l’intercettazione in cui Cocco diceva: «Pu fattu ri l’omicidio… pò essere ca’ poi mi vennu a circari… chi c’era puru io, niesce! (per il fatto dell’omicidio può essere che poi verranno a cercarmi; uscirà che c’ero pure io, ndr)». La donna, «tramutandosi» (cambiando espressione, impallidendo) in volto, aveva allora risposto: «I chiavi ponnu iccari (le chiavi possono buttare, ndr)».
La questione era radicalmente cambiata nel corso del giudizio, quando era emerso che l’aggressione era stata compiuta materialmente da Antonino Abbate, poi condannato a 30 anni, e che del commando – con funzioni di appoggio – avevano fatto parte Salvatore Ingrassia e Antonino Siragusa, il primo condannato a 22 anni, l’altro a 14 perché aveva collaborato con i pm. E proprio Siragusa (che aveva indicato in Francesco Arcuri il mandante del delitto, facendolo condannare a 22 anni) aveva scagionato sia Cocco che Francesco Castronovo, entrambi assolti già in corte d’assise, il 23 marzo 2020, e liberati dopo tre anni. La sentenza sul delitto di via Nicolò Turrisi, a pochi passi dal palazzo di giustizia di Palermo e dallo studio dell’avvocato, è definitiva da oltre un anno. Fragalà fu picchiato perché considerato “sbirro”, visto che avrebbe fatto rendere dichiarazioni ai propri assistiti. Paolo Cocco però non c’entrava niente.
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