La Corte di Assise di Caltanissetta, presieduta da Roberta Serio (presidente, a latere Simone Petralia), lo scorso 19 aprile ha depositato la sentenza di condanna in primo grado di giudizio per coloro che sono stati ritenuti essere gli assassini di Adnan Siddique, il sindacalista di origini pakistane che morì in seguito ad uno “scompenso emodinamico acuto da shock emorragico per lesione a tutto spessore dell’aorta addominale”. Ventisei ferite vennero riscontrate sul corpo di Adnan; in quattro lo avevano colpito prima con una bottiglia al capo e poi si erano accaniti contro di lui con due coltelli e un cacciavite.
Si trattò di una vera e propria spedizione punitiva, accaduta a Caltanissetta il 3 giugno del 2020 in via San Cataldo, dove Adnan Siddique che all’epoca aveva solo 32 anni, abitava. Siddique, che da 5 anni era arrivato in Italia, era un esperto nella manutenzione di macchine tessili e parlava bene l’italiano e spingeva i suoi connazionali a denunciare lo sfruttamento nei campi, il caporalato e dal gruppo che poi lo uccise sarebbe stato anche minacciato.
Il processo ha coinvolto un gruppo di pakistani, tra i 52 e i 24 anni, che seminava botte e terrore e che è stato condannato anche per altri reati commessi tra il 2019 e il 2020 a Caltanissetta e provincia: dal favoreggiamento al caporalato, dalle lesioni personali aggravate alle estorsione, dalla violazione di domicilio al sequestro di persona. Irruzioni dentro un centro per minori non accompagnati, con minacce e botte, incursioni nelle abitazioni, sequestri di persona a scopo di estorsione, tentate estorsioni: era un vero e proprio ‘commando’ che incuteva terrore. Muhammad Shoaib, Bilal Ahmed, Ali Imran e Ali Shujaat sarebbero stato gli assassini di Adnan Siddique, ma avrebbero commesso anche una lunga serie di altri crimini. Oltre 35 i capi di imputazione contestati al gruppo. Ecco le condanne di primo grado in cui sono stati omessi i reati ‘minori’ e iterazioni degli stessi reati Muhammad Shoaib: 30 anni, per omicidio, ma anche tra l’altro, per caporalato, lesioni personali aggravate, tentata estorsione, sequestro di persona, percosse, rapina con minaccia, violenza privata aggravata; Bilal Ahmed: 29 anni per omicidio, caporalato, lesioni aggravate, sequestro di persona, minacce aggravate e percosse, sequestro di persona a scopo di estorsione, tentata estorsione Ali Imran: 28 anni, omicidio, caporalato, sequestro di persona a scopo di estorsione, tentata estorsione Ali Shujaat: 28 anni, omicidio, lesioni personali aggravate e minaccia aggravata dall’uso delle armi, sequestro di persona, tentata estorsione Muhammad Sharjeel Awan: 3 anni e 8 mesi per lesioni aggravate, violazione di domicilio, minacce aggravate e percosse, Shehzad Khuram 6 anni e 2 mesi per rapina con minaccia, tentate lesioni aggravate e minacce Muhammad Arshad: 3 anni, 1 mese e 15 giorni per lesioni aggravate, violazione di domicilio e minacce Muhammad Mehdi: 17 anni 1 mese e 15 giorni per favoreggiamento personale, lesioni personali aggravate, sequestro di persona Muhammad Nawaz: 17 anni 7 mesi, per lesioni personali aggravate, minaccia, sequestro di persona.
E’ stato disposto il risarcimento in solido alle parti civili, da determinarsi in sede civile, oltre al pagamento delle spese processuali per le quindici persone vittime dei crimini, il Comune di Caltanissetta, la Cgil, la Flai Cgil di Caltanissetta e le associazioni Proxima, MO.VI e ‘I girasoli’ rappresentate dagli avvocati Giovanni Annaloro, Graziano Baglio, Liliana Battaglia, Monia Giambarresi, Stefania Giambra, Jennifer Guarino, Marco Lomonaco, Lia Minacapelli, Giuseppe Orlando, Salvatore Patrì , Maria Ricotta, Sara Sammartino, Adriana Vella, Gaetano Veninata. Gli imputati era difesi dagli avvocati Salvatore Baglio, Massimiliano Bellini, Riccardo Contardi, Giuseppe Dacqui, Giovanni Di Giovanni, Vanessa Di Gloria, Rosario Di Proietto, Diego Giarratana, Boris Pastorello. Assolti dall’accusa di omicidio Muhammad Sharjeel Awan, e Muhammad Nawaz per non avere commesso il fatto. Assolta Giada Giarratana che era imputata per caporalato e sequestro di persona, per non avere commesso i fatti.
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