La vita di Mamadou Kouassi Pli Adama può essere davvero descritta come un’odissea. Tuttavia, Mamadou non ha lottato per tornare a casa, ma per fuggire, attraversando il deserto e poi il Mar Mediterraneo per arrivare in Europa, come fanno centinaia di migranti da anni.
La sua storia ha ispirato il regista Matteo Garrone, che ha basato il suo lavoro sulle vere vicende dei migranti nei loro pericolosi viaggi dai paesi di origine verso un futuro incerto.
Mamadou è partito dalla Costa d’Avorio e ha attraversato tre paesi, percorrendo a piedi il deserto del Sahara. Successivamente è caduto nelle mani dei trafficanti libici, vivendo l’orrore dei lager libici, dove ha assistito a torture e morte.
Dopo tre anni di lavoro in condizioni di schiavitù in Libia, per raccogliere i soldi necessari a proseguire il viaggio, è riuscito a imbarcarsi a Zuwara diretto verso l’Italia. Durante il viaggio, il gommone su cui viaggiava si è spezzato in due e ha visto molte persone morire davanti ai suoi occhi. Mamadou è sopravvissuto grazie all’intervento di alcuni pescatori di Mazara del Vallo.
“Sono partito dall’Africa con il sogno di trovare accogliente l’Europa, ma in realtà non è così – ha detto – il viaggio però ne è valsa la pena!”
“La parte più dolorosa della storia non è stata molto raccontata, e cioè le persone morte sul barcone poco prima di arrivare e poi il momento dopo l’arrivo. Per me è stata dura – conclude – ho dormito in strada, ma oggi sto molto meglio. Non tutti, però, riescono a superare i traumi della traversata”
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