Le mani della mafia sulle scommesse online: il gup di Palermo, Lorenzo Chiaramonte, dispone 10 rinvii a giudizio nell’ambito dell’inchiesta “Breaking bet” che avrebbe sgominato un giro di giochi illegali per favorire le famiglie mafiose di Licata, Campobello di Licata e Campobello di Mazara. A chiedere di mandare a processo gli indagati sono stati i pubblici ministeri Gianluca De Leo e Ludovica D’Alessio.
La prima udienza del dibattimento, davanti ai giudici della prima sezione penale del tribunale di Agrigento, presieduta da Alfonso Malato, è in programma il 28 ottobre. Il personaggio principale, già al centro di inchieste su scommesse illegali da cui però ne era uscito indenne, è il licatese Vincenzo Corvitto, 50 anni, finito in carcere lo scorso 8 novembre quando scattarono gli arresti domiciliari per altri cinque indagati e per quattro furono emessi provvedimenti interdittivi da attività imprenditoriali e professionali. Corvitto è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa: la Dda, in particolare, gli contesta di avere messo a disposizione di Cosa nostra i posti di lavoro delle sue aziende per avere, in cambio, il sostegno necessario per estendere le sue attività fino a operare in regime di monopolio. In questo modo, sostiene l’accusa, avrebbe contribuito al rafforzamento delle cosche dell’Agrigentino e del Trapanese, territori dove operava.
Sotto accusa pure: Antonio Cardella, 34 anni, di Licata; Antonino Damanti, 41 anni, di Licata; Angelo Di Marco, 47 anni, di Licata; Salvatore Morello, 40 anni, di Licata; Sergio Cantavenera, 47 anni, di Licata; Salvatore Maria Giglia, 62 anni, di Campobello di Licata; Salvatore Pira, 53 anni, di Licata; Angelica Gentile, 53 anni, di Licata e Carmelo Savarino, 56 anni, di Campobello di Licata.
Allo stesso Corvitto, che avrebbe avuto il ruolo di “capo promotore”, oltre che a Cantavenera, Cardella, Damanti, De Marco e Morello si contesta l’associazione a delinquere per avere gestito un vasto giro di scommesse illegali attraverso l’utilizzo indebito di piattaforme internet straniere. Le altre accuse sono relative alla distribuzione di macchinette per scommesse prive di autorizzazioni statali e all’avere intestato a Savarino e Gentile, quali prestanome, una copisteria con la finalità di aggirare il sequestro.
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