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Faida sulla rotta Sicilia-Belgio: una condanna a 24 anni

Il verdetto ricalca gran parte delle tesi del pubblico ministero della Dda

L’assoluzione per un omicidio e un tentato omicidio avvenuti in Belgio e la condanna per un doppio agguato che aveva l’obiettivo di uccidere i due rivali che, invece, restarono solo feriti. Questa la sentenza, emessa dai giudici della Corte di assise di Agrigento, presieduta da Alfonso Malato, nei confronti di Carmelo Vardaro, 47 anni, di Favara, al quale sono stati inflitti 24 anni e 6 mesi di reclusione. Il verdetto ricalca gran parte delle tesi del pubblico ministero della Dda, Alessia Sinatra, che aveva chiesto una pena di 30 anni. Vardaro, nell’ambito dell’inchiesta “Mosaico”, sulla faida che fra Favara e il Belgio ha provocato una carneficina con almeno 5 omicidi e una decina di tentati omicidi, era accusato di un omicidio, di due tentati omicidi, di due estorsioni con metodo mafioso e di una serie di episodi satellite.

Il favarese, in particolare, secondo quanto contestato, avrebbe cercato di vendicare l’omicidio dell’imprenditore Carmelo Bellavia, condannato per favoreggiamento al boss Gerlandino Messina, uccidendo uno dei killer, ovvero Maurizio Di Stefano: il 14 settembre del 2016, però, in Belgio, nell’abitazione della vittima designata avevano trovato un suo amico – Mario Jakelich – che era stato freddato con un colpo di pistola in fronte. Di Stefano, che non è finito a processo per questi fatti, era stato colpito da alcuni proiettili ma si era salvato.

Nonostante il giudizio positivo sull’attendibilità del pentito Giuseppe Quaranta, che ricostruisce la vicenda, anche il magistrato della procura aveva chiesto l’assoluzione alla luce della sentenza definitiva degli imputati, accusati di aver fatto parte dello stesso commando, nell’altro troncone del processo. Richiesta ribadita dal difensore dell’imputato, l’avvocato Salvatore Virgone, nel suo intervento conclusivo. Il 23 maggio del 2017 Di Stefano è sopravvissuto a un nuovo agguato nel garage del favarese Carmelo Nicotra che ha avuto la peggio ed è stato ferito in maniera più grave da alcuni colpi di kalashnikov ai glutei. “Non vi è, invece, alcun dubbio – aveva sottolineato il pm – della partecipazione di Vardaro all’agguato”.

Il magistrato aveva fatto riferimento al dna trovato sulle cicche di sigaretta buttate dai killer durante un summit, in strada, a Favara, prima dell’agguato e alle immagini di videosorveglianza che lo avrebbero immortalato. I giudici, per questa accuse, lo hanno riconosciuto colpevole condannandolo anche al risarcimento, di 30 mila euro ciascuno, in favore delle vittime che si sono costituite parte civile con l’assistenza dell’avvocato Salvatore Cusumano. Vardaro, secondo l’ipotesi originaria, aveva commesso i due agguati insieme a Calogero e Antonio Bellavia. I fratelli Calogero ed Emanuele Ferraro (quest’ultimo, a sua volta, è stato poi ucciso) avrebbero partecipato al solo agguato ai danni di Nicotra e Di Stefano. Il favarese, inoltre, unico imputato dell’inchiesta che non ha scelto il rito abbreviato, è stato ritenuto colpevole di una serie di reati legati a droga, armi ed estorsione, connessi all’indagine.


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