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Voti e affari in provincia di Trapani. Scattano 10 arresti e c’è anche un ex senatore

Dieci arresti per associazione a delinquere di stampo mafioso, scambio elettorale politico-mafioso, estorsione e spaccio di stupefacenti aggravati dal metodo e dall’agevolazione mafiosa, nonché traffico di influenze, violazione di segreto d’ufficio e porto e detenzione illegale di armi

Voti e mafia in provincia di Trapani. Dieci arresti per associazione a delinquere di stampo mafioso, scambio elettorale politico-mafioso, estorsione e spaccio di stupefacenti aggravati dal metodo e dall’agevolazione mafiosa, nonché traffico di influenze, violazione di segreto d’ufficio e porto e detenzione illegale di armi. L’operazione, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo è stata eseguita dalla polizia di Stato. Documentata l’esistenza di un connubio affaristico-mafioso in grado di condizionare, anche dietro corrispettivo in denaro, il consenso elettorale, facendo emergere la capacità dell’organizzazione di indirizzare il voto locale in favore di un candidato alcamese, coordinatore provinciale del movimento politico “Via”, “cristallizzando dice chi indaga – chiari indizi di colpevolezza nei confronti di un ex senatore della alcamese, ispiratore del movimento e promotore di una richiesta di voti alla famiglia mafiosa, dietro un compenso in denaro pari a circa 3 mila euro, in occasione delle elezioni regionali siciliane del settembre 2022”. Si tratta dell’ex parlamentare del Pd Nino Papania, fondatore del movimento Via e accusato di voto di scambio politico-mafioso. Avrebbe pagato la somma per far votare un suo candidato all’Ars. Il provvedimento cautelare fa riferimento agli esiti dell’inchiesta avviata nel maggio del 2021 dalla Squadra mobile di Trapani e condotta unitamente a personale della Squadra mobile di Palermo, della locale Sisco e del Servizio Centrale Operativo. Documentati gli assetti e il rinnovato dinamismo criminale delle “famiglie” mafiose di Alcamo e Calatafimi, in seguito all’arresto dei numerosi esponenti storicamente al vertice delle stesse. In particolare, nel tentativo di colmare il vuoto progressivamente creatosi, la famiglia mafiosa alcamese avrebbero individuato il nuovo vertice in un pregiudicato locale, che avrebbe esercitato la reggenza valendosi di numerosi sodali.

L’indagine avrebbe consentito di attribuire analogo ruolo di reggente ad altro pregiudicato di Calatafimi, ritenuto a capo di quella famiglia mafiosa. In tale ambito, le indagini hanno consentito di ricostruire una serie di estorsioni, alcune consumate altre solo tentate, a imprenditori locali – tra i quali un imprenditore di Castellammare, con interessi nel settore della distribuzione alimentare e del mercato immobiliare, e due imprenditori alcamesi attivi nel settore dell’edilizia, del movimento terra e della commercializzazione di auto – consistite in ritorsioni qualora le vittime non avessero versato, nelle mani di un uomo di fiducia del capo famiglia alcamese, la somma di 50 mila euro. Ulteriori estorsioni sarebbero state consumate in territorio alcamese nei confronti del titolare di un maneggio, costretto ad abbandonare l’azienda in seguito a contrasti insorti con un soggetto vicino al sodalizio. La minaccia di condotte ritorsive avrebbe poi costretto un buttafuori trapanese ad abbandonare il proprio impiego presso un esercizio commerciale nel capoluogo in favore del figlio di un pregiudicato del posto, destinatario del provvedimento cautelare. Infine, l’inchiesta avrebbe accertato l’attività di spaccio, condotta grazie all’apporto di fornitori albanesi, e alla detenzione di armi. Uno degli appartenenti è stato arrestato per detenzione ai fini di spaccio di oltre 9 chili di marijuana. In quella occasione, nel corso della perquisizione, sono stati inoltre rinvenuti 2 fucili a canne mozzate calibro 12, con relativo munizionamento, entrambi rubati. Eseguiti 8 decreti di perquisizione personale e domiciliare, emessi nei confronti di altrettanti soggetti, indagati a vario titolo per traffico di influenze, violazione di segreto d’ufficio e porto e detenzione illegale di armi.

Le indagini della Dda – guidata da Maurizio de Lucia – sono state coordinate dalla procuratrice aggiunta Annamaria Picozzi e dai sostituti Francesca Dessì, Pierangelo Padova e Maria Pia Ticino. Tra gli arrestati, oltre all’ex senatore del Pd Antonino Papania, 65 anni, accusato di scambio elettorale politico-mafioso, ci sono – secondo quanto stabilito dal gip di Palermo, Alfredo Montalto – Pasquale Perricone, 69 anni, ex vice sindaco di Alcamo, ritenuto l’intermediario fra Papania e il clan mafioso di Alcamo; Gregorio Savio Ascari, 54 anni; Giorgio Benenati, 55 anni; il presunto reggente della cosca, Francesco Coppola, 64 anni; Giosuè Di Gregorio, 54 anni; Salvatore Li Bassi 66 anni; Antonino Minio, 53 anni; Giuseppe Pipitone, 61 anni, detto “Diego” e Giuseppe Sciacchitano, 49 anni.


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