Otto anni di reclusione per la cinquantenne Silvana Sfortuna, di Palma, accusata di avere sfigurato il marito 48enne aggredendolo con l’acido, simulando poi un’aggressione ai propri danni e facendolo arrestare ingiustamente. Questa la decisione del giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Agrigento, Giuseppe Miceli, a conclusione del processo con rito abbreviato. Il pubblico ministero Maria Barbara Grazia Cifalinò, per la donna accusata di calunnia e lesioni aggravate con sfregio permanente aveva chiesto una pena di 9 anni e 4 mesi. Il gup le ha riconosciuto le attenuanti generiche ma non quelle della provocazione. La pena, senza la riduzione prevista dal rito, sarebbe stata di 12 anni.
L’episodio risale al 5 dicembre scorso. La donna aveva raccontato di essere fuggita in una struttura protetta dopo avere subito violenze e maltrattamenti insieme alla figlia nata da un precedente matrimonio. Quella mattina, sempre secondo la versione della presunta vittima ormai smentita, aveva commesso l’imprudenza di contattarlo per concordare la consegna di alcuni oggetti della figlia che erano rimasti nell’abitazione ed era stata aggredita con dell’acido. A comprare la borraccia, come provato dall’esame delle telecamere di videosorveglianza, sarebbe stata, invece, l’imputata. Ulteriori riscontri sarebbero arrivati dalle intercettazioni e da altri atti di indagine. La stessa donna, che ha riportato ustioni al viso, seppure meno gravi nel tentativo di difesa del marito, ha ammesso di essersi inventata tutto e di averlo aggredito provando a giustificare il gesto con alcuni episodi di violenza che avrebbe subito. Secondo quanto ha accertato il processo si sarebbe trattato di un gesto premeditato. Il marito della donna, rimasto per settimane in ospedale in gravissime condizioni, si era costituito parte civile con l’assistenza dell’avvocato Calogero Sferrazza e ha ottenuto il diritto al risarcimento dei danni con un anticipo di 25 mila euro. L’uomo, che non è mai andato di fatto in carcere perché è stato ricoverato per mesi al centro grandi ustioni dell’ospedale Cannizzaro di Catania, disse subito dopo l’accaduto di non avere neppure toccato la bottiglietta che conteneva l’acido. Il legale della donna, l’avvocato Giuseppe Vinciguerra, aveva chiesto al giudice Giuseppe Miceli di riconoscerle le attenuanti della provocazione. La donna, sentita in aula, ha ribadito quanto detto durante le indagini, ovvero di averlo aggredito perché voleva punire i suoi atteggiamenti molesti nei suoi confronti e della figlia.
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