Bugie e omissioni nel racconto agli inquirenti per coprire il parente sotto inchiesta per violenza sessuale e maltrattamenti ai danni della figlia. Cinque persone, accuse di false informazioni alla procura, finiscono a processo. Il pubblico ministero Maria Barbara Grazia Cifalinò ha disposto nei loro confronti la citazione diretta a giudizio. La vicenda si incrocia con quella che, il 13 settembre dell’anno scorso, ha portato alla condanna a 7 anni e 10 mesi di reclusione di un netturbino favarese di 55 anni, arrestato sei anni fa per questa vicenda. Altri tre familiari, in questa circostanza, sono stati condannati a 6 mesi di reclusione per l’accusa di favoreggiamento al principale imputato. Fra le contestazioni quella di avere colpito la figlia a calci e pugni per stordirla e violentarla. Gli abusi sarebbero avvenuti anche in presenza dei tre nipoti in tenera età o con la minaccia della pistola. L’arma, tuttavia, non è stata mai trovata.
La donna, dopo la separazione dal marito, era tornata a vivere dal padre insieme ai tre figli. In quel momento sarebbe iniziato l’incubo fatto di violenze sessuali, percosse e umiliazioni di ogni genere. A processo sono finiti anche la moglie e due cognati del principale imputato, accusati di favoreggiamento personale per avere mentito al pm durante le indagini con l’obiettivo di garantire l’impunità al presunto “mostro”.
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