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Arresto Bonafede, per il gip da “oltre due anni” era il logista del boss

"L’indagato - si legge nell'ordinanza -, ha consapevolmente fornito a Matteo Messina Denaro, per oltre due anni, ogni strumento necessario per svolgere le proprie funzioni direttive"

Foto Ansa

“Già sotto questo profilo e per il ruolo di eccezionale rilevanza sia fattuale che simbolica ricoperto da Messina Denaro nell’ambito dell’associazione mafiosa, la figura del Bonafede appare, dunque, piuttosto riconducibile a quella dell’affiliato ‘riservato’ al servizio diretto del capomafia. E tale qualifica… appare confermata dal protrarsi nel tempo della condotta del Bonafede e dalla reiterazione di condotte di diversa tipologia attuate da quest’ultimo per consentire al Messina Denaro non soltanto di proseguire la sua latitanza, ma altresi e soprattuto… per mantenere il suo ruolo di comando nell’organizzazione mafiosa ben dimostrato dalle molteplici risultanze delle indagini che in questi anni hanno condotto ad innumerevoli arresti di affiliati… oltre che da ultimo, al momento dell’arresto del Messina Denaro, dalla sua disponibilità di ingenti risorse economiche che non possono trovare altra spiegazione se non nella detta persistenza del ruolo direttivo ed operativo al vertice dell’organizzazione mafiosa”. Lo afferma il gip di Palermo, Alfredo Montalto, nella ordinanza con cui dispone la misura cautelare del carcere nei confronti di Andrea Bonafede, il 59enne di Campobello di Mazara, la cui identità è stata utilizzata dal boss Matteo Messina Denaro, arrestato lunedi scorso a Palermo. Il gip ha accolto la richiesta del procuratore della Repubblica Maurizio de Lucia e dell’aggiunto Paolo Guido.

“L’odierno indagato, come si è detto, ha consapevolmente fornito a Matteo Messina Denaro, per oltre due anni, ogni strumento necessario per svolgere le proprie funzioni direttive: identità riservata, un ‘covo’ sicuro, mezzi di locomozione da utilizzare per spostarsi in piena autonomia”. afferma ancora il gip di Palermo. Accogliendo la richiesta dei pm – il procuratore capo Maurizio De Lucia e l’aggiunto Paolo Guido – il gip sostiene che “possa condividersi la conclusione del pm riguardo alla configurazione, in termini di gravità indiziaria, del reato di partecipazione di Bonafede all’associazione mafiosa facente capo a Matteo Messina Denaro”.

Secondo il giudice “occorre innanzitutto evidenziare che la difesa minimizzatrice tentata dal Bonafede allorchè è stato sentito subito dopo l’arresto di Messina Denaro (il 16 gennaio 2023) è stata già documentalmente e quindi inconfutabilmente smentita dagli accertamenti investigativi che l’hanno seguita”. “Si aggiunga – scrive il gip riprendendo la richiesta dei pubblici ministeri – che le condotte di Andrea Bonafede si sono protratte certamente per molti mesi: le parziali ammissioni della persona sottoposta alle indagini, alla luce dei preliminari riscontri raccolti, confermano che l’acquisto della abitazione e la cessione di un documento di identità sul quale apporre la propria fotografia risalgono ad un periodo risalente almeno al 27 luglio 2020 (epoca di acquisto della prima autovettura) o comunque al 13 novembre 2020 (epoca del primo intervento subito da Matteo Messina Denaro sotto le mentite spoglie di Andrea Bonafede)”.

“Risulta inconfutabilmente accertato, innanzitutto – aggiunge il Gip – l’utilizzo da parte del latitante Messina Denaro Matteo dell’identità del Bonafede, il quale, a tal fine, gli ha fornito, direttamente o indirettamente, la propria carta di identità (sulla quale il Messina Denaro ha apposto la propria effige fotografica), la tessera sanitaria (e, quindi, anche il codice fiscale), l’immobile nel quale abitare e le autovetture necessarie per gli spostamenti senza esporsi al rischio di essere individuato dalle Forze di Polizia da molti anni impegnate nella sua ricerca”.

“Il Bonafede, infatti, con le condotte descritte nelle pagine precedenti, ha senza dubbio fornito all’associazione mafiosa un contributo continuativo di estrema rilevanza, che va ben oltre quello pacificamente attribuito all’autista” si legge nell’ordinanza del Gip. “Non è, infatti, di certo minimamente credibile che il latitante notoriamente più pericoloso e più ricercato d’Italia, che pure, come dimostrato dalle innumerevoli indagini di questi anni finalizzate alla sua cattura ha potuto sempre disporre di un’attentissima ed ampia cerchia di soggetti che gli hanno consentito di proseguire la sua latitanza e nel contempo le sua attività di direzione dell’associazione mafiosa “Cosa Nostra” quanto meno nell’intera provincia di Trapani, si sia ad un certo momento affidato ad un soggetto occasionalmente incontrato, non affiliato e che non vedeva da moltissimi anni, per coprire la sua identità, soprattutto nei momento in cui aveva necessità di entrare in contatto con strutture pubbliche sanitarie (con conseguente elevato rischio di essere individuato come in effetti è poi avvenuto il 16 gennaio 2023), oltre che per acquistare l’immobile ove per un periodo di almeno sei mesi e fino all’arresto ha poi dimorato” conclude.


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