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Atti di guerra nel Mediterraneo. Ugl: “basta, prevalga il diritto e la sicurezza sul lavoro”

“Si ponga fine agli atti di guerra o si tornerà a piangere la perdita a mare di pescatori sul luogo di lavoro”

“La materia della delimitazione dei confini degli spazi marittimi nel Mediterraneo non è più rinviabile. Se ne faccia una ragione l’Unione Europea perché la questione è puramente politica e non può più sfuggire alla decisione da assumersi nelle adeguate sedi comunitarie. L’ennesima tragedia sfiorata a largo della Libia dove una motovedetta libica ha esploso alcuni colpi d’arma da fuoco di avvertimento verso il peschereccio siciliano “Salvatore Mercurio”, che si trovava in acque internazionali a nord di Bengasi assieme al “Luigi Primo”, non ammette ritardi e la responsabilità dei vertici europei e quindi anche della delegazione italiana è sotto gli occhi di tutti. Si ponga fine agli atti di guerra o si tornerà a piangere la perdita a mare di pescatori sul luogo di lavoro”. Parole dure quelle di Giuseppe Messina, Segretario regionale dell’Ugl in Sicilia, verso i vertici istituzionali europei e nazionali e da sempre impegnato nella battaglia per il rispetto nel Mediterraneo delle norme contenute nella Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982 che rappresenta il quadro giuridico sul quale è strutturato, dal punto di vista giurisdizionale, lo spazio marittimo, unico baluardo per la salvaguardia della vita umana in mare.

“Siamo al paradosso – prosegue – l’Unione Europea da anni sostiene il processo di pace e democrazia in Libia con investimenti notevoli così come il governo italiano per gli enormi interessi energetici, eppure non si riesce o non c’è la volontà di convincere i libici a rispettare le norme internazionali contenute nella Convezione sul diritto del mare. È davvero inaccettabile il comportamento libico, ripetutamente protagonista nei decenni di atti di pirateria come quello attuato ieri a danno di due pescherecci siciliani operanti in acque internazionali al momento dei colpi di arma da fuoco esplosi a loro danno eppure l’articolo 123 della Convenzione dispone che gli stati costieri di un mare semichiuso come il Mediterraneo dovrebbero cooperare fra loro nella conservazione e nello sfruttamento delle risorse provenienti dall’attività di pesca, ed invece da un lato si alimenta la guerra del pesce e dall’altro si fa finta di nulla”.

E ancora l’affondo del Segretario dell’Ugl Sicilia “Le responsabilità sono datate nel tempo e gli effetti continuano, ahinoi, a prodursi perché la Libia nel 2005 ha proclamato una zona di protezione della pesca che si estende per 62 miglia partire dal limite esterno di 12 miglia delle acque territoriali, inclusa la linea di chiusura del golfo della Sirte oltre ad aver istituito, con atto unilaterale, la Zona Economica Esclusiva (ZEE) di 200 miglia marine nel 2009 senza lacuna notifica alla comunità internazionale. Se tutti gli stati rivieraschi istituissero proprie ZEE non vi sarebbero più aree di acque internazionali, considerato che in nessun punto del Mediterraneo le coste degli stati frontisti distano tra loro più di 400 miglia. Le aree di pesca si restringono sempre più, anche per decisione comunitaria e in assenza di misure di sostenibilità economica, sociale e regole uguali per tutte le flotte operanti nel Mediterraneo sia comunitarie sia extra Ue la guerra del pesce con il suo strascico di paura e morti resterà una eterna questione internazionale irrisolta, che porterà al fallimento della pesca siciliana”.


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