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Auto blu utilizzata per fini privati, divieto di dimora per Gianfranco Miccichè

All'ex presidente Ars e al suo assistente vengono contestati a vario titolo i reati di peculato e truffa aggravata

Su richiesta della Procura della Repubblica di Palermo il Gip del Tribunale del capoluogo ha emesso un’ordinanza applicativa di misure cautelari nei confronti di Gianfranco Miccichè, ex presidente dell’Ars e deputato regionale, destinatario del provvedimento di dimora nel comune di Cefalù, nonchè nei confronti di Maurizio Messina, assistente parlamentare con funzioni di autista di Miccichè, destinatario del provvedimento di obbligo di dimora nei comuni di Palermo e Monreale.

Con la medesima ordinanza, eseguita dai militari del Nucleo di Polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza di Palermo, è stato disposto anche il sequestro preventivo di disponibilità finanziarie per un valore complessivo di 24mila euro, quale profitto dei reati di peculato, truffa aggravata ai danni dell’Assemblea regionale siciliana e false attestazioni sulla presenza in servizio del dipendente pubblico, a vario titolo contestati. Secondo le accuse, il parlamentare avrebbe usato per fini personali l’auto che gli era stata assegnata per svolgere le funzioni istituzionali.

Miccichè avrebbe avuto “una gestione arbitraria e del tutto personalistica dell’autovettura“: lo scrive il gip che ha disposto l’obbligo di dimora per l’ex presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè indagato per l’uso illegittimo dell’auto blu. Secondo il giudice poi il deputato avrebbe adibito il suo autista, dipendente dell’Ars “di volta in volta a conducente, a corriere, a portaordini, a trasportatore“. “Rimanendo nella propria residenza di Cefalù (e dunque nemmeno salendo a bordo dell’autovettura), – spiega il giudice – Miccichè disponeva che l’autista impegnasse più e più volte il tragitto Palermo-Cefalù per accompagnare il suo factotum o recapitargli due teglie di pasta al forno per il suo compleanno; per accompagnare la moglie o consegnargli un dispenser da sapone; per recapitargli un “bidone di benzina” o consegnargli un imprecisato cofanetto; per portare il gatto dal veterinario o recuperare il caricabatterie dell’iPad”.

Così, nei 33 episodi considerati, non v’è chi non veda – prosegue – come sia stata sviata la funzione istituzionale dell’automezzo, specie considerando che ogni viaggio comportava un impegno dello stesso per almeno quattro ore (durata che, per come emerso in relazione agli altri capi di imputazione, consentiva all’autista di ottenere una retribuzione supplementare per l’attività effettuata). Non c’è da stupirsi, allora, che l’autista in primis, specie nel periodo successivo al clamore suscitato dall’arresto dello chef Di Ferro, si dolesse per l’uso e l’abuso dell’auto blu, e per questo riflettesse sulla necessità di parlare a Miccichè e dirgli: ‘presidente, amu a fari casa, chiesa e ufficio, non possiamo fare“.

Il provvedimento è stato emesso sulla scorta degli elementi probatori acquisiti in fase di indagine preliminare, pertanto, in attesa di giudizio definitivo, sussiste la presunzione di innocenza.


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