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Caccia a Matteo Messina Denaro: arrestati 35 fedelissimi. Altri 35 indagati

Le indagini confermano la leadership di Messina Denaro, il quale sarebbe ancora in grado di impartire direttive funzionali alla riorganizzazione degli assetti della provincia mafiosa

Maxioperazione dei carabinieri del Ros e del comando provinciale di Trapani, con il supporto in fase esecutiva dei comandi provinciali carabinieri di Palermo, nella più ampia manovra investigativa condotta dall’Arma in direzione della cattura del latitante Matteo Messina Denaro, che ha portato all’arresto di 35 persone, di cui 23 in carcere e 12 ai domiciliari, indiziate, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione, turbata libertà degli incanti, reati in materia di stupefacenti, porto abusivo di armi, gioco d’azzardo e altro, tutti aggravati dal metodo e dalle modalità mafiose. Altre 35 persone risultano indagate e nei loro confronti è in corso l’esecuzione di decreti di perquisizione e sequestro.

I militari hanno dato esecuzione a provvedimenti emessi dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo nei confronti delle 70 persone nell’operazione denominata “Hesperia”.

Il provvedimento cautelare di oggi compendia gli esiti di articolate indagini svolte dai carabinieri sul conto di esponenti di primo piano dei mandamenti mafiosi di cosa nostra trapanese, confermandone la riferibilità alla leadership del ricercato castelvetranese, il quale sarebbe ancora in grado di impartire direttive funzionali alla riorganizzazione degli assetti della provincia mafiosa.

L’indagine dei carabinieri ruota attorno ad alcuni esponenti di primo piano dei mandamenti mafiosi di cosa nostra trapanese, legati a Matteo Messina Denaro, che secondo gli inquirenti sarebbe ancora in grado di impartire direttive per la riorganizzazione degli assetti nella zona. In particolare il monitoraggio dei vertici delle famiglie mafiose di Campobello di Mazara, Mazara del Vallo e Marsala, ha permesso di individuare la figura di un uomo d’onore campobellese che, recentemente scarcerato e già coinvolto nei rapporti con cosa nostra di Palermo, avrebbe assunto un ruolo centrale per mantenere i collegamenti con famiglie di altre province. Un’autorevolezza conquistata grazie alla vicinanza al superlatitante, che secondo alcuni indagati avrebbe gestito le nomine dei capizona. In particolare l’indagato avrebbe designato il reggente della decina di Petrosino e sarebbe intervenuto nella nomina del reggente dell’importante mandamento di Mazara del Vallo, rimasto vacante dopo l’operazione “Anno Zero”.

Nella ricostruzione delle gerarchia, gli investigatori hanno svelato anche la trama dei rapporti tra mafia e imprese, trovando tracce di condizionamenti nelle gare d’appalto e nella gestione, in forma pressocchè monopolistica, del settore della sicurezza nei locali notturni e del recupero crediti. L’organizzazione riusciva a controllare anche le aste giudiziarie per la vendita di immobili nel settore enogastronomico e turistico.


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