Via libera al risarcimento per un gruppo di migranti a cui, dal 16 al 25 agosto del 2018, fu impedito di sbarcare al porto di Catania dalla nave Diciotti della guardia costiera che li aveva soccorsi in mare al largo di Lampedusa. È stato deciso dalle sezioni unite della Cassazione che, condannando il governo, ha rinviato il procedimento a un giudice per stabilire la quantificazione del danno. Nell’istanza, in particolare, si chiedeva la condanna del governo italiano a risarcire i danni non patrimoniali provocati dalla privazione della libertà. Sul piano penale il procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, mise sotto inchiesta l’allora ministro dell’Interno, Matteo Salvini, e l’attuale titolare del dicastero Matteo Piantedosi, allora suo capo di gabinetto. Il caso fu poi trasmesso a Catania per competenza territoriale e la Procura etnea chiese l’archiviazione. Il tribunale dei ministri, tuttavia, la respinse chiedendo al Senato l’autorizzazione a procedere per il leader della Lega che venne negata. Il processo, quindi, non si celebrò mai.
“L’obbligo del soccorso in mare corrisponde a una antica regola di carattere consuetudinario”. Lo scrivono i giudici delle sezioni unite della Cassazione a proposito della condanna del governo per il trattenimento dei migranti nell’estate del 2018 sulla banchina del porto di Catania, dove gli fu impedito lo sbarco per dodici giorni. “L’obbligo – aggiungono i giudici – rappresenta il fondamento delle principali convenzioni internazionali, oltre che del diritto marittimo italiano e costituisce un preciso dovere per tutti i soggetti, pubblici o privati, che abbiano notizia di una nave o persona in pericolo esistente in qualsiasi zona di mare in cui si verifichi tale necessità e come tale esso deve considerarsi prevalente su tutte le norme e gli accordi bilaterali finalizzati al contrasto dell’immigrazione irregolare”.
“Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno condannato il governo a risarcire un gruppo di immigrati illegali trasportati dalla Nave Diciotti perché il governo di allora, con ministro dell’Interno Matteo Salvini, non li fece sbarcare immediatamente in Italia. Lo fanno affermando un principio risarcitorio assai opinabile, quello della presunzione del danno, in contrasto con la giurisprudenza consolidata e con le conclusioni del Procuratore Generale”. Così la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in un passaggio di una dichiarazione.
“Va certamente escluso che il rifiuto dell’autorizzazione allo sbarco dei migranti soccorsi in mare protratto per dieci giorni possa considerarsi quale atto politico sottratto al controllo giurisdizionale”: è uno dei passaggi chiave dell’ordinanza delle sezioni unite della Cassazione che stabiliscono un risarcimento da parte del governo ai migranti ai quali fu impedito di sbarcare a Catania dopo essere stati soccorsi al largo di Lampedusa. “Si è in presenza, piuttosto – scrivono i giudici – di un atto che esprime una funzione amministrativa da svolgere, sia pure in attuazione di un indirizzo politico, al fine di contemperare gli interessi in gioco e che proprio per questo si innesta su una regolamentazione che a vari livelli, internazionale e nazionale, ne segna i confini. Le motivazioni politiche alla base della condotta non ne snaturano la qualificazione, non rendono, cioè, politico un atto che è, e resta, ontologicamente amministrativo. Non vi è dunque difetto assoluto di giurisdizione …”. La Cassazione aggiunge: “Nella misura in cui l’ambito di estensione del potere discrezionale, anche quello amplissimo che connota un’azione di governo, è circoscritto da vincoli posti da norme giuridiche che ne segnano i confini o ne indirizzano l’esercizio, il rispetto di tali vincoli costituisce un requisito di legittimità e di validità dell’atto, sindacabile nelle sedi appropriate. E tra tali vincoli rilievo primario – proseguono – ha certamente il rispetto e la salvaguardia dei diritti inviolabili della persona. L’azione del Governo, ancorché motivata da ragioni politiche, non può mai ritenersi sottratta al sindacato giurisdizionale quando si ponga al di fuori dei limiti che la Costituzione e la legge gli impongono, soprattutto quando siano in gioco i diritti fondamentali dei cittadini (o stranieri), costituzionalmente tutelati”.
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