Un po’ meno scrosciante, ma l’atmosfera al mercato di Catania è sempre la stessa: il sole è caldo nonostante l’inverno, le temperature miti, a due passi il mare e poco più in là l’imponente mamma Etna.
Un leggero vento inebria l’aria di odori, di sapori. Ci sono i pomodori secchi, le mandorle, olive di tutti i tipi: dalle classiche verdi o nere.
E poi ci sono “i balati” che, come dice un vecchio detto, non si asciugano mai. Le cozze da sgusciare, l’odore “di mare” tipico delle ostriche, “a tunnina” fresca tagliata da quelle mani che da anni, inesorabilmente, con quel coltello consumato, ogni giorno lavorano il pesce con maestria
Eppure, in questa fase di convivenza con il Covid, qualcosa è cambiata. Il mercato si è svuotato: manca quella sensazione di doversi fare spazio tra la folla, tra una bancarella e un’altra, manca qualcosa. Quello che non passa mai è l’amore di chi vive quel posto da anni. “Forse in qualche altro posto c’è un mercato simile – dice un ambulante – ma non sarà mai bello come il nostro”.
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