Su richiesta della Procura Distrettuale di Catania, il Tribunale etneo – Sezione Misure di Prevenzione – ha emesso un decreto di sequestro di beni riconducibili a Giovanni Comis, 59 anni, originario di Catania, attualmente detenuto in carcere, e ai familiari conviventi.
Il provvedimento in questione è stato notificato dai Carabinieri del Nucleo Investigativo del comando provinciale di Catania e mira a colpire un patrimonio che, sulla base degli accertamenti svolti dai militari, sarebbe stato acquisito in assenza della necessaria copertura economica/finanziaria, ma con proventi derivanti dall’illecita attività svolta da Comis, persona di elevatissimo spessore criminale, inserito nel “gruppo di Picanello” della famiglia di Cosa Nostra etnea “Santapaola-Ercolano”, all’interno del quale ricopriva incarichi di vertice, così come riferito a vario titolo anche dai collaboratori di giustizia Giuseppe Scollo e Antonio D’Arrigo.
In particolare, è emerso che, almeno dal 2008 a oggi, Comis e il nucleo familiare di appartenenza hanno tratto i propri mezzi di sostentamento da redditi di provenienza illecita (grave è risultata la sperequazione reddituale), mentre la “pericolosità sociale” di Comis – sottoposto dal 29 aprile 2019 alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale, per la durata di tre anni, con obbligo di soggiorno – si è manifestata nel corso di tutta la sua storia criminale come si evince dalle numerose condanne, alcune delle quali irrevocabili (la prima per fatti commessi nel 1991), per associazione di tipo mafioso, partecipazione ad associazione finalizzata al traffico illecito di stupefacenti ed estorsione aggravata dal metodo mafioso.
Da ultimo Comis, tratto in arresto nel gennaio 2017 nell’inchiesta “Orfeo” e condannato, dopo essere tornato in libertà, è stato nuovamente arrestato lo scorso 15 ottobre nell’ambito dell’operazione “Picaneddu” del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Catania, in quanto ritenuto responsabile di concorso in trasferimento fraudolento di valori (nello specifico, al fine di eludere la normativa in materia di misure di prevenzione, aveva fittiziamente attribuito la titolarità proprio di uno degli immobili oggetto del sequestro a un imprenditore compiacente) e autoriciclaggio (in qualità di vertice del gruppo mafioso avrebbe utilizzato il denaro provento delle attività del sodalizio mafioso per l’acquisto e la ristrutturazione del cespite).
I beni destinatari del provvedimento, riconducibili a Comis e ai familiari conviventi, ammontano a un valore complessivo di oltre 2,5 milioni di euro e riguardano:
- l’immobile, il 100% delle quote e l’intero compendio aziendale della “Q Factor Records s.a.s.”, etichetta discografica di diversi noti cantanti neomelodici, intestata a uno dei due figli di Comis e a un altro imprenditore;
- il terreno e una palazzina, in fase di completamento, costituita da 12 unità immobiliari, in via Caduti del Lavoro, formalmente intestati a una società operante nel settore dell’edilizia;
- un’abitazione ad Augusta, in contrada Costa Saracena (SR), all’interno di un villaggio turistico, intestata alla moglie di Comis.
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