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Catania si candida a diventare la Cinecittà della Sicilia, ma non ci riesce. E i produttori cercano organizzazione. Che non c’è

Se si vuole puntare su un centro di produzione, che sia Cinect o altro, bisogna pensarlo veramente. E investire. E imparare

Grandi spazi per il mondo delle arti, dove ospitare produzioni nazionali ed estere, allestimenti e laboratori per il cinema, eventi, concerti, mostre e laboratori. Catania si candida a diventare la Cinecittà della Sicilia, con il Sicily Integration Village (Siv). Un progetto del regista Alfredo Lo Piero su un terreno di oltre 25 ettari, con 3.500 metri quadrati di fabbricati (un’antica azienda agricola) nei pressi della zona industriale, poco distanti dall’aeroporto.

“Sarà Cine Ct per l’esattezza – aveva detto Lo Piero – spazi da destinare al mondo delle arti in genere, dove poter ospitare produzioni nazionali ed estere, luoghi per allestimenti e laboratori per il cinema, eventi, concerti, mostre, laboratori. Attraverso il recupero di antichi mestieri, attività agricola, artigianato, arte, pittura, scultura, musica, cinema, teatro, faremo da volano a quello che diventerà presto uno dei più grandi poli attrattivi artistico culturali del territorio. Avvalendoci inoltre, della collaborazione di importanti enti ed associazioni per la tutela dei diritti umani, sarà integrata la presenza e l’impegno lavorativo di figure senza distinzione socio economiche”.

Tutto molto bello, ma per ora – a un anno dall’annuncio – il progetto è interessante (un centro artistico culturale che gestisce servizi socio- educativi, con attività finalizzate all’inserimento nel mercato del lavoro di persone svantaggiate) ma distante dall’essere davvero una Cinecittà siciliana. Anche se il Sicily Integration Village ospita il nuovo festival internazionale del cinema del mediterraneo e si propone per diventare presto un importante polo d’interesse internazionale, grazie al Sens Exchange Project, del produttore Mirko Miceli, progetto di produzione audio visiva con fini sociali di integrazione tra normodotati, non vedenti e non udenti.

I tentativi in Sicilia non mancano, e nemmeno le richieste di adeguare le infrastrutture in Sicilia. A inizio anno a Siracusa è stato girato il nuovo spot della Peroni e il produttore, Luca Fanfani, era stato chiaro: “La Sicilia sta andando forte nel settore degli spot pubblicitari. Qui è tutto bellissimo”. L’unico problema, aveva aggiunto il produttore, è la lontananza da Milano (o da Roma), dove ci sono le troupe: “Se ci fosse un’organizzazione con troupe e mezzi tecnici in Sicilia, qui sarebbe una sorta di California italiana dove girare sempre, perché la Sicilia, per noi, è il posto migliore”.

Ma Cinecittà, quella vera, quella nata e cresciuta a Roma, è tutt’altra cosa: 73 edifici, 21 teatri di posa, quasi 3 miliardi di mattoni messi in opera. Insomma un centro vero e proprio con strade, palazzi, piazze, perfino alberi (676 per la precisione). Inaugurati da Mussolini nel 1937, nel luglio 2017, nel suo 80⁰ compleanno e dopo un ventennio di gestione privata, gli Studi di Via Tuscolana sono ritornati sotto il controllo pubblico, gestiti e coordinati da Istituto Luce-Cinecittà. Composta da 19 teatri di posa interni e da alcuni set all’aperto allestiti per produzioni cinematografiche, televisive, ma anche eventi privati o speciali e shooting fotografici. Tre sono quelli permanenti e visitabili grazie a Cinecittà si Mostra con guide specializzate in grado di spiegarne le differenti caratteristiche.

Ecco, la Regione Siciliana, tramite Sicilia Film Commission, prova a puntare sul cinema cofinanziando la produzione di numerosi progetti cinematografici e audiovisivi (finora sono 37) con un piano di investimenti regionale che quest’anno ha una dotazione finanziaria complessiva di 10,8 milioni di euro. Ma non basta, se si vuole puntare su un centro di produzione, che sia Cinect o altro, bisogna pensarlo veramente. E investire. E imparare.


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